Acquedotto Anio Novus

Nel 38 d.C. l'imperatore Caligola avviò la costruzione di due nuovi acquedotti per portare le acque della Valle dell'Aniene a Roma: l'Anio Novus e l'acquedotto Claudio. Entrambe le opere furono terminate sotto l'imperatore Claudio, nel 52 d.C.
L'Anio Novus, il cui aggettivo “novus” serviva a distinguerlo dall’altro acquedotto Anio, il "vetus" di circa tre secoli più antico, aveva una portata giornaliera maggiore di tutti gli altri acquedotti: ben 4.738 quinarie (pari a 196.627 m3 e 2.274 litri al secondo).
Il suo percorso era lunghissimo: ben 87 km (58.700 miglia). 73 km in sotterranea e 14 in superficie. Circa 7 km della parte emersa del canale dell'Anio Novus coincidevano con le arcuazioni dell'acquedotto Claudio. Esso captava direttamente le acque del fiume nell'alta Valle dell'Aniene (circa 6 km più a monte delle sorgenti dell’aqua Claudia, nei pressi del comune di Subiaco, all’altezza del XLII miglio della via Sublacense) per poi coinvogliarle, anch'esso, come altri acquedotti, “ad spem veterem”, presso Porta Maggiore.

Villa di Nerone a Subiaco
Ingrandisce foto Resti della Villa di Nerone a Subiaco

Nei pressi delle sorgenti della Claudia (dall’altra parte del fiume) riceveva le acque dal “Rivus Herculaneus”, caratterizzato da acque più pure. Questi acquedotti erano infatti caratterizzati da acque piuttosto torbide dovute alle frequenti frane che durante le abbondanti precipitazioni si abbattevano sulle sponde dell’Aniene. A tal fine venne creata un “piscina limaria” nei pressi di Agosta ma, siccome il risultato della pulizia non era ancora soddisfacente, sembra che Nerone volle far costruire i famosi tre laghi nei pressi della sua Villa di Subiaco.
I tre laghi, infatti erano posizionati a diversi livelli (il mediano era sostenuto da una diga colossale alta 40 metri andata distrutta nel corso di un'alluvione nel 1300) e nel passaggio da un laghetto all’altro l'acqua perdeva buona parte delle impurità residue.

Nel 98 Traiano spostò l’origine dell’acquedotto, facendolo partire direttamente dal secondo dei tre laghi, nei pressi del sito dove oggi è situato il monastero di San Benedetto.
Seguendo la valle dell’Aniene sulla sinistra del fiume, a circa metà strada tra Subiaco e Mandela si affiancava, ad un livello più elevato, prima al condotto dell’Aqua Claudia, poi a quello dell’Acqua Marcia e più avanti, dopo Mandela, a quello dell’Anio Vetus. La loro vicinanza permetteva, grazie ad imponenti opere per l'interscambio delle acque, di dirottare l'acqua negli altri acquedotti in caso di manutenzione di uno di loro.


Ingrandisce foto Anio novus - Loc. Arci

Dopo Castel Madama si allontanava momentaneamente dal fiume per riavvicinarsi di nuovo dopo aver aggirato un paio di alture. All'altezza della Valle dell'Empiglione, poco prima di entrare a Tivoli, l'acquedotto di divideva in due rami. Il ramo secondario si dirigeva a sud, e dopo aver attraversato il Fosso Empiglione, attraversava il Monte Sant’Angelo in Arcense (sopra il quale era situato il Santuario della Dea Bona), in corrispondenza del passo dello Stonio, grazie ad una profonda galleria lunga 4 km e profonda fino a 140 metri, fatta scavare, come si evince da una lapide riportata alla luce, da Lucio Paquedio Festo nell’ 88 d.C. Nella lapide si fa riferimento all'acqua Claudia ma, grazie agli accurati studi di due specialisti (della Van Deman e di Thomas Ashby) è stato chiarito che la galleria risale all'età di Claudio e che appartiene all'Anio Novus.

Il ramo principale proseguiva invece verso Tivoli su viadotti e ponti di cui rimangono importanti e imponenti resti (presso la località Arci), piegava a sud e quindi aggirava da ovest i monti Tiburtini, attraversando poi un’ampia cisterna (risalente all’epoca dei Severi), situata poco prima del Gericomio, dove si ricongiungeva col ramo secondario.
Superato Gallicano nel Lazio in condotto sotterraneo, usciva di nuovo in superficie e, di nuovo su ponti e viadotti ancora visibili (fra cui l'imponente Ponte S.Antonio ed il caratteristico Ponte Amato), accostava la via Prenestina per poi raggiungere un’altra piscina limaria, in località Capannelle, dopo la quale il condotto si appoggiava a quello dell’Aqua Claudia con il quale correva insieme fino ad entrare in Roma fino a Porta Maggiore.

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