"Sibilla Tiburtina" di Edward Coley Burne-Jones (seconda parte)

a cura di Roberto Borgia

Ritorniamo sul disegno preparatorio del 1875 per una vetrata della Cappella dello Jesus College a Cambridge, a matita, gesso nero e pastello, fatto risaltare con vernice dorata su carta, 453 mm x 1116 mm, conservato nel Birmingham Museum and Gallery, opera del pittore preraffaellita Edward Burne-Jones (1833-1898) e raffigurante la Sibilla Tiburtina. In particolare, mettiamo in evidenza la parte superiore del disegno, con il volto della profetessa e la visione che lei fece intravedere ad Augusto presso l'ara coeli a Roma.
Le Sibille come figure di tradizione antichissima già figuravano nella mitologia greca, come testimoniano Eraclito di Efeso (secolo VI a. Cr.), Euripide (sec. V a. Cr.), Aristofane (sec. V-IV a. Cr.), e lo stesso Platone (sec. V-IV a. Cr.). Con l'estendersi della civiltà greca degli Ioni nel bacino del Mediterraneo si ebbe il moltiplicarsi delle Sibille nelle diverse tradizioni locali. Un ampio brano di Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (III-IV secolo dopo Cristo), scrittore, retore ed apologeta di fede cristiana, che ritiene le profezie delle Sibille, pur pagane, ispirata dall'unico Dio, riporta la lista compilata da Marco Terrenzio Varrone (II-I secolo a. Cr.), riguardante dieci Sibille, legate ad importanti centri del mondo ellenistico - romano: decimam (Sibyllam) Tiburtem, nomine Albuneam, quae Tiburi colitur ut dea, iuxta ripas amnis Anienis, cuius in gurgite simulacrum eius inventum esse dicitur, tenens in manu librum: cuius sortes Senatus in Capitolium transtulerit.
"La decima fu la Sibilla Tiburtina, di nome Albunea, che veniva venerata a Tivoli come una dea, presso le rive del fiume Aniene. Si racconta che nei gorghi di questo fiume fosse trovata una statua che la raffigurava e che teneva in mano un libro; il Senato allora ordinò che il libro sibillino fosse trasferito nel Campidoglio".


Ingrandisce foto Particolare della "Sibilla Tiburtina"

Perciò le caratteristiche che ricorrono nella nostra Sibilla Tiburtina sono la sua giovinezza (era l'ultima della serie e la più giovane) e la sua bellezza. Proprio quest'ultima è evidenziata nel testo latino dei suoi oracoli, composto dopo la fondazione di Costantinopoli e quindi sconosciuto a Lattanzio.
Spetta al venerabile Beda (672 -735 dopo Cr.), invece, attestare nella sua opera che la profezia sulla nascita di Cristo, che sarebbe stata rivelata ad Augusto, è da attribuire proprio alla Sibilla Tiburtina e non alla Pizia, come nel testo greco degli oracoli.
Nella documentazione, che riporta la versione occidentale dell'oracolo, vanno ricordati i Mirabilia Urbis, risalenti alla metà del XII secolo; nel capitolo undici di questo testo, Augusto si sarebbe rivolto non alla Pizia, ma ad una Sibilla, identificata come la Tiburtina, per consultarla in merito alla proposta dei senatori di tributargli onori divini e dopo tre giorni la Sibilla avrebbe pronunciato l'oracolo "Judicii signum".

(Judicii signum, tellus sudore madescit. E coelo Rex adveniet per saecla futurus, Scilicet ut carme praesens dijudicet orbem: Unde Deum cernent incredulos atque fidelis, Celsum cum sanctis, aevi jam termino in ipso. Sic animae cum carne aderunt, quas judicat ipse, Cum jacet incultus densis in vepribus orbis, Rejicient simulacra viri, cunctam quoque gazam, Exuret terras ignis pontumque polumque,[.] .
"Al segno del giudice, la terra si bagna di sudore, dal cielo verrà il Re che vivrà nei secoli, naturalmente come presente in carne giudicherà il mondo, donde l'uomo privo di fede e il fedele vedranno Dio, alto con i santi, ormai nella stessa fine del tempo. Così le anime saranno vicino al corpo, le quali giudica egli stesso, quando l'incuria giace nei fitti rovi del mondo, gli uomini rifiuteranno le statue, anche tutto il tesoro, il fuoco arderà le terre, il mare, il cielo [.]", da Rabano Mauro, erudito e santo dell'VIII-IX secolo, nella sua opera De universo 15.3.
L'imperatore, infatti, essendo stato osannato dal popolo con l'appellativo di Divus, le aveva chiesto se fosse opportuno farsi venerare al pari di una divinità.

La Sibilla sottopose allora l'imperatore ad un digiuno di tre giorni, al termine del quale gli svelò il vero Dio, al quale Augusto dedicò un sacrificio, il primo compiuto al vero Dio dal primo dei pagani. L'ara usata diede il nome alla Chiesa detta appunto dell'Ara Coeli (ara del cielo). A ricordo dell'evento, per molti secoli, i francescani della Chiesa portavano in processione un'insegna della Sibilla che indicava un cerchio all'interno del quale era rappresentata la Vergine con il bambino in grembo. Tale rappresentazione sarà di grande uso nell'iconografia medievale e successiva.
Tutti questi elementi ha avuto certamente presenti il pittore preraffaellita, laddove disegna la Sibilla, con le caratteristiche proprio della giovinezza e della bellezza. Il suo volto pensieroso sembra voler meditare non solo sull'oracolo (che appare in alto a destra con le figure di Gesù, della Madonna e degli Angeli), rivelato ad Augusto, ma anche sulle serie di profezie fatte in altre parti del mondo, in virtù delle quali era stata invitata dal Senato Romano nelle città eterna a spiegare la profezia dei nove soli, apparsi a tutti i Senatori. Una novità è rappresentata dalla pelle di leone che copre la testa della Sibilla e scende sul retro. Non una pelle di capra, come nell'iconografia solita, ma l'animale, che ucciso da Ercole, si ricollega certamente al mito della fondazione di Tivoli, per opera del leggendario eroe greco.

maggio 2015

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