Le tradizioni e le leggende tiburtine

In questa sezione scoprirete gli usi, le tradizioni e le curiosità della Tivoli di un tempo.

Piazza Campitelli

L'abbigliamento delle nobildonne tiburtine nel 1540

In "Notizie storiche antiquarie statistiche ed agronomiche intorno alla città di Tivoli e suo territorio" (1848) di Francesco Cavalier Bulgarini viene ricordata la presenza in città della principessa Margarita d'Austria. Quest'ultima infatti, nel 1540, aveva deciso di passare la villeggiatura a Tivoli, alloggiando "nel palazzo pubblico dandole la città sontuose feste di cacce, lotte, balli ed altri spettacoli". Tutte le famiglie nobili tiburtine fecero a gara per allietare la permanenza della principessa ed un ruolo particolare ebbero le gentildonne.
Tale episodio venne raccontato anche dallo Zappi che si sofferma anche sulla descrizione della moda di quel tempo. "Le gentildonne Tiburtine vestono ed hanno portamento alla Romana, e costumano di portar abiti di velluto, raso, armisino e damasco paonazzo nero, con collane e cinture ornate di perle ed altre gioje. Portano colletti alla spagnola, cuffie d'oro, guanti profumati, maniche trimiate con tela d'oro sotto, usano belletti soliti al loro sesso, usano spesso esercitarsi in diversi balli, ed il loro camminare è altiero e superbo".

L'abbigliamento femminile nel 1308

Nel 1305 Papa Clemente V trasferì la Sede Pontificia da Roma ad Avignone. Ciò comportò un certo abbandono della Città Eterna e dei suoi dintorni dove aumentarono le discordie fra le famiglie, soprattutto fra gli Orsini e i Colonna. Oltre a ciò dalla lontananza del papato scaturì anche uno spiccato libertinaggio che veniva riscontrato soprattutto nell'abbigliamento delle donne. Proprio per combattere queste "cattive abitudini", i Magistrati di Tivoli, il cui capo milizia era Pietro di Giacomo di Giovanni Guidi, il 29 settembre del 1308 stabilirono una regola con la quale si stabiliva che le donne non potessero indossare altro che vestiti di colore verde o turchino. Inoltre veniva indicato il limite di spesa per il vestiario che variava a seconda della classe sociale di appartenenza della donna. In particolare le semplici cittadine non potevano spendere oltre le 40 lire (6 scudi) mentre le patrizie non oltre le 55 lire (8 scudi; la lira a quel tempo corrispondeva infatti a un giulio e mezzo).

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