"La Sybille de Tibur" di Antoine Caron

a cura di Roberto Borgia

Una ricca iconografia è presente nel panorama artistico relativamente la Sibilla tiburtina che predice ad Augusto la nascita di Gesù Cristo. Nell'inesauribile patrimonio iconografico mariano si rintracciano infatti molti temi ispirati a profezie del mondo pagano. La Chiesa ha tollerato tale uso, quando non era in contrasto coi dogmi cristiani: "E d'altra parte, come si usavano le profezie della Bibbia per convincere gli Ebrei che nella Bibbia credevano, perché non usare le profezie delle Sibille nell'argomentare coi pagani, che in quelle profezie credevano?" (M. G. Toscano, La vita e la missione della Madonna nell'arte, I, Pellerzi Editore, Milano, 1989, pag. 54). Ci piace, in una delle tante schede dedicate alla Sibilla tiburtina, entrare subito in medias res e riportare quanto scrisse tra il 1225 e il 1230, il domenicano Jacopo da Varagine nella sua fondamentale opera "Legenda aurea" (Legenda in senso latino, cioè cose che debbono essere lette, perché educatrici), che raccoglie avvenimenti sulla vita dei santi, risalenti all'antichità e al Medioevo e che ci introduce pienamente nell'illustrazione che presentiamo e che si può ammirare nel Museo del Louvre.
"Anche Ottaviano imperadore, come dice Innocenzio terzo, abbiendo sottomesso tutto '1 mondo a lo 'mperio romano, intanto piacque a' sanatori di Roma ch'elli il voleano coltivare per Domenedio loro. Ma il savio imperadore, sappiendo ch'elli era mortale, non si volse prendere nome de lo immortale Iddio; ma a loro importuno preghiere fece venire la Sibilla profetessa, volendo sapere per li suoi detti, se maggiore di lui dovesse nascere nel mondo. E con ciò fosse cosa che il die di Natale di Cristo richiedesse consiglio sopra ciò e la Sibilla stesse in orazione ne la camera de lo imperadore, entro il mezzodì apparve uno cerchio d'oro intorno dal sole, e nel mezzo del cerchio era una vergine bellissima portante uno garzone nel suo grembo.


Ingrandisce foto La Sybille de Tibur

Allora la Sibilla mostrò queste cose a lo 'mperadore e, meravigliandosi molto lo 'mperadore per la detta visione, udì una boce che li disse: "Questo è l'altare del cielo". E disse a lui la Sibilla: "Questo fanciullo è maggiore di te, per ciò sì l'adora". Si che quella camera è consegrata in onore de la Vergine Maria; onde infino al dì d'oggi è chiamata santa Maria d'Ara Celi.

Intendendo dunque lo 'mperadore che questo fanciullo era maggiore di sé, sì li offerette oncenso, e rifiutò da indi innanzi essere chiamato Iddio. Di questo parla Orosio: "In questo modo al tempo d'Ottaviano ne l'ora intorno a la terza, subitamente, essendo il tempo chiaro, apertamente apparve un cerchio a modo de l'arco celestiale, e attorneòe la ricondita dei sole, come se dovesse venire colui il quale sole avea fatto, e reggea il sole e tutto quanto il mondo". Di questo dice Orosio e, quello medesimo dice Eutropio."(volgarizzazione toscana del trecento dall'originale latino, edito a cura di A. Levasti, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1952, pag 52 seguente).

Ecco allora La Sybille de Tibur (La Sibilla tiburtina), di Antoine Caron (1521-1599), databile tra il 1575 e il 1580, olio su tela cm. 170 x 125, Museo del Louvre, Parigi, Ala Richelieu, secondo piano, Reparto Cousin e Caron, Sala 9, dono di Gustave Lebel, 1938. Si riconoscono alcuni monumenti di Parigi del XVI secolo come la Torre di Nesles ed il giardino ed un padiglione delle Tuileries. I personaggi portano dei vestiti ispirati ad abiti romani. Il pittore stabilisce infatti un parallelo tra Parigi e Roma, la pietà del Re di Francia e la "pietas Augusti". E' riconoscibile infatti il re Carlo IX (regnante 1560-1574) sotto i tratti di Augusto, così come suo fratello, il futuro Enrico III (regnante 1574-1589, sotto il cui regno fu composto il dipinto) e sua madre, Caterina de'Medici (1519-1589), fra gli spettatori del torneo, in fondo a sinistra. Da notare sulla destra la simbologia della "Verità tutta nuda", al centro di una fontana. Due schiavi, muniti di anfore, vengono ad attingere qui la speranza della loro liberazione. Le prime opere di Antoine Caron furono dei cartoni per delle vetrate, eseguiti nel suo paese natale, Beauvais. Lo ritroviamo poi a Fontainebleau, dove lavora sotto la direzione di Primaticcio (1504-1570), artista bolognese francesizzato in Primatice. La Mostra tenutasi a Bologna dal 30 gennaio al 10 aprile 2005 dal titolo "Primaticcio, un bolognese nel cuore di Francia" ha permesso di fare il punto e rilevare l'importanza del maestro di Antoine Caron. La mostra è stata estremamente utile per osservare lo sviluppo dell'arte di Primaticcio in relazione all'evoluzione della monarchia dei Valois votata ad una cultura aristocratica sempre più raffinata ed erudita, una "mitologia in atto", secondo la definizione di André Chastel. Le gesta di Primaticcio concretizzano con ciò la trasformazione di Fontainebleau in quella che non solo i francesi ma anche gli italiani del tempo definiscono la "nuova Roma" e di conseguenza il Re di Francia è il nuovo imperatore romano. Nel continuare la sua carriera di pittore il Primaticcio non manca di occuparsi altresì di architettura e di pittura, eseguendo moltissimi disegni preparatori prima di affidare il compito esecutivo agli artigiani della sua bottega, i quali interpretano, pur con talento personale, le sue direttive. Un atelier di smaltatori, tappezzieri, pittori e scultori, che egli ha organizzato sull'esempio di Raffaello e di Giulio Romano, esegue le sue direttive ed in questo ambiente Antoine Caron acquista questo stile italianizzante che lo caratterizza, stile elegante dove l'aridità del disegno è temperata dalla vivacità dei colori. Così, come il maestro, anche le sue opere evocano con sapienti allegorie la corte dei Valois, con l'aggiunta delle guerre di religione che lacerano allora la Francia: infatti ne "Les Massacres du triunvirat", sempre al Louvre, sono trattati mirabilmente due temi cari al manierismo, la crudeltà ed il fantastico. Antoine Caron lascia però nel 1561 la squadra degli artisti che lavorano a Fontainebleau, eseguendo progetti per le feste e gli ingressi trionfali dei monarchi a Parigi. Ed in questo dipinto sulla Sibilla Tiburtina ritroviamo il gusto per le architetture fantastiche, con l'idealizzazione della città di Parigi. Con l'avvento sul trono di Enrico IV (regnante 1589-1610) entreranno però in voga nuovi criteri per l'architettura che verranno utilizzati nella seconda scuola di Fontainebleau, soprattutto con la venuta di artisti fiamminghi per la decorazione delle ricche case dei nobili.

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