Da Pomata a San Vittorino attraverso Ponte Terra e Ponte Sodo

Un'interessantissima escursione per chi vuole sgranchirsi le gambe (circa 14 km andata e ritorno) e in contemporanea vuole tuffarsi in un ambiente naturalistico unico e godere della visione di due magnifici monumenti romani è quello che proponiamo.
Punto di partenza è la strada di Pomata a Tivoli. Qui giunti alla famosa girata delle carrozze, si inizia a percorrere l'ampio sentiero sterrato in discesa che si nota sul margine destro della strada. Lo si percorre, sempre scendendo e superando un bivio che si incontra, fino a sbucare sulla strada dei Colli di Santo Stefano, all'altezza del fontanile. Quindi si prosegue, svoltando verso sinistra, su detta strada asfaltata fino alla sua conclusione. Si inizia a scendere nella stretta valle scavata dal fosso di Ponte Terra, che corre qui incassato ad una profondità di 55 metri rispetto al piano di campagna, in una stretta gola a "V" (tipica di tutte le valli fluviali) che dai 120 m in sommità si restringe a soli 8-10 metri sul fondo.


Ingrandisce foto Fosso di Ponte Terra

Bellissima ed unica la vegetazione del posto che ci si offre mentre si percorre lo stretto sentiero scavato nel tufo. Questo sentiero non presenta tracce di antichità ma si ipotizza che non deve discostarsi molto, almeno nei tratti rettilinei da quello orginario. Poi si giunge ad ammirare un esempio dei Ponti Terra, tipici di una fase molto circoscritta dell'ingegneria stradale romana, differenziandosi dai Ponti Sodi la cui realizzazione abbracciò un arco temporale molto più ampio.
Il corso d'acqua fu deviato ed incanalato in gallerie scavate nel tufo delle due sponde mentre sul letto, ormai prosciugato, fu edificato, in epoca romana, un massiccio manufatto sostruttivo in opera quadrata per permettere di collegare, in modo economico, con la strada (forse a tratti basolata) le due sponde.

La galleria della sponda destra (originariamente rettilinea e lunga 30 metri fu prolungata di altri 30 metri a zig zag, per aggirare una frana) è ancora attiva e permette all'acqua di defluire mentre quella della sponda sinistra, più corta, è semi ostruita. In essa si individuano due finestre per consentire sia l'areazione che il trasporto del materiale scavato nel corso della realizzazione dei lavori. Tra le due gallerie è presente tutta una serie di cunicoli, antecedenti la realizzazione di tali gallerie, finalizzati alla difesa del ciglio roccioso, convogliando le acque di scolo che dall'alto scendevano fino al basso.
Stefania Quilici Gigli, sostiene a pag 28 del suo libro che tale opera "fu realizzata per evitare l'impegno di una costruzione ad arco in un periodo in cui forse stavano maturando esperienze di soluzioni in muratura, ma non ancora di ampia portata". La studiosa data quindi l'impianto alla seconda metà del III secolo a.C. - prima metà del II sec. a. C.
Per Zaccaria Maria, "essendoci due percorsi paralleli verso est e verso ovest serviti da due ponti di età imperiale, la strada passante per Ponte Terra risulta la più antica e non priva di importanza come asse di collegamento locale". Egli inoltre spiega che "il viadotto fu costruito proprio in quel punto in quanto la valle lì ha pareti particolarmente verticali ed era più facile convogliare il fosso".


Ingrandisce foto Ponte Terra

A circa cinquecento metri dal Ponte Terra, più in basso, si trova un magnifico esempio di Ponte Sodo. In un ormai lontanissimo passato, il vecchio percorso, che collegava i Colli di Santo Stefano con la via di San Vittorino, utilizzava un ponte a due ordini - edificato nella prima metà del II sec. d.C. - molto alto (che ritroviamo nei disegni e schizzi del Canina e del Lanciani) che permetteva di transitare da una sponda all'altra di questa valle: quello inferiore era costituito da un'unica arcata, quello superiore a quattro arcate così distribuite: due sul pendio nord, una sul pendio sud e un'altra immediatamente sopra sull'unica arcata del sottostante ordine. Le due citate arcate sorgenti sulla sponda nord, erano già crollate agli inizi dell'Ottocento. Sembra, come sosteneva l'Ashby, che c'era ancora un po' di basolato nel punto di attraversamento. La sua costruzione, come sostiene il Mari, "fu realizzato in fretta: l'ossatura cementizia è rivestita di opus vittatum a fasce alterne di un filare di mattoni triangolari di colore giallo e due di bozzette tufacee". Al ponte si arrivava forse con un percorso piuttosto obliquo intagliato nel tufo e rafforzato a valle da sostruzioni. Secondo il Baddeley c'era una ormai scomparsa torre rotonda in opus reticolatum collocata sul pendio nord. Si ipotizza che il ponte e la strada furono realizzati per permettere di raggiungere la lussuosa villa dei Vibi Vari, collocata proprio sulla sommità del Colle Santo Stefano.

Ma torniamo sui nostri passi. Una volta transitati su Ponte Terra proseguiamo il sentiero sulla sponda opposta a quella da cui eravamo giunti. Iniziamo a risalire e in breve raggiungiamo un'ampia spianata, transitiamo sul ponte che scavalca l'autostrada e raggiungiamo il Santuario ed il borgo di San Vittorino. A questo punto possiamo iniziare ad incamminarci per il ritorno.

Per chi volesse saperne di più sui monumenti presenti in questa zona, rimandiamo a Tibur, Pars Quarta di Zaccaria Mari, Leo S. Olschki editore, 1991 da pag. 244 a 250 e a Strade romane, Ponti e viadotti di Lorenzo Quilici e Stefania Gigli- 1996- Social Science pag 23-28.

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