Tivoli - Mostra sul pittore tiburtino Adolfo Scalpelli

Museo della cittą di Tivoli, dal 20 ottobre 2018 al 31 gennaio 2019

Tivoli dedica al pittore tiburtino Adolfo Scalpelli, allievo di E.R. Franz, una mostra presso il Museo della Città di Tivoli che sarà possibile visitare fino al 31 gennaio 2019.

La città di Tivoli fu sempre nel cuore del pittore Ettore Roesler Franz (1845-1907) che la scelse come seconda residenza, oltre a Roma, città di nascita. Certamente Tivoli rappresentava il riposo per l’artista rispetto a quella che nel 1871 era stata proclamata ufficialmente la capitale del regno d’Italia e stava mutando rapidamente il suo aspetto, da città papalina a città meta di grandiosi lavori di sistemazione, che non avevano alcun rispetto per i vecchi vicoli e le piazzette che proprio Franz immortalava di volta in volta, prima della distruzione, con i suoi acquerelli di «Roma sparita». Come sottolinea il dott. Carlo Placidi «il paesaggio urbano e quello del nostro territorio gli suggerivano opere più contenute nelle dimensioni e più tranquille nel tessuto pittorico. Indulgeva negli scorci delle ville storiche, dei vecchi vicoli del centro ed in particolare degli uliveti, tutti soggetti decisamente rivalutati, in anni più recenti dai critici, rispetto alla magniloquenza aneddotica del ciclo di “Roma Sparita”. L’occhio innamorato della natura tiburtina si evince anche dal fatto che le opere riguardanti la nostra città non siano comuni tra quelle che circolano nel mercato antiquario, ma le teneva per sé, Tivoli era il piacere, Roma il dovere.».

Ma Tivoli aveva sempre attratto, fin dal 1600, a partire dal Dughet frotte di artisti che trovavano tutto quanto di più ispirato potevano offrire sia la natura che le opere dell’uomo. E proprio all’epoca di Franz, in Piazza S. Croce, vicino a quella che per lungo periodo è stata la farmacia Riccardi, esisteva un circolo dei villeggianti che raccoglieva, tra gli altri, pittori già affermati come appunto Franz, Onorato Carlandi, Francesco Ballesio e lo scultore Costantino Barbella. E lo stesso Franz abitò in un appartamento in affitto nei Palazzi Todini-Viola distrutti dai bombardamenti del 1944 e sostituiti poi dalle tre fontane di Piazza Garibaldi. Dopo questo soggiorno il pittore avrebbe preso in affitto e nel 1900 acquistata la piccola villa del collega ed amico Onorato Carlandi, localizzata sulle pendici di monte Ripoli in luogo non precisato. Fu così che il pittore romano mentre dipingeva en plein air si era trovato più volte a fianco, nell’estate del 1902, per lunghe ore in silenzio, un ragazzo di quattordici anni, Adolfo Scalpelli, che frequentava allora le scuole tecniche con discreto profitto, i cui genitori progettavano già di farne un buon artigiano, mentre il ragazzo era attirato invece dall’arte della pittura e rimaneva estasiato nel veder dipingere Franz. L’artista romano, constatata la predisposizione al disegno del giovinetto, propose ai genitori di ritirarlo dalle scuole tecniche e di affidarlo al suo insegnamento per avviarlo alla carriera artistica. I genitori, cosa assai rara per l’epoca, accettarono la proposta così che Adolfo Scalpelli divenne l’unico allievo che Franz avesse nella sua vita.
 
Seguì un lungo iter per imparare i rudimenti del mestiere, copiando i modelli che il maestro gli sottoponeva, a matita, a carboncino, a pastello, cimentandosi nello stesso tempo con soggetti studiati dal vero. Il tirocinio con il maestro fece sì che Scalpelli acquisisse una mano ed una sicurezza invidiabili. Già nel 1906 Franz lo spinse a partecipare alla mostra della Società degli amatori e cultori tenutasi a Roma ed ad una Mostra di acquerellisti a Torino. Nell’anno 1907 morì il suo maestro che gli lasciò, a dimostrazione dell’affetto e della stima che nutriva per lui, lo strumento più prezioso per un pittore: l’attrezzatura da lavoro insieme ai suoi libri d’arte, ai bozzetti, ai calchi, alle fotografie (esclusi acquerelli e quadri completi), oltre ad una somma in denaro «…per far fronte alla sua carriera difficilissima..» e l’impegno per suo fratello Adolfo Roesler Franz, designato esecutore testamentario ed erede universale, di dotarlo di uno studio degno tutto per lui e di acquistare da Adolfo Scalpelli a scopo di incoraggiamento uno o più lavori per la somma di 1.500 lire per quattro anni consecutivi dopo il primo anniversario della morte.
Proseguì con sempre maggiore successo la carriera artistica di Scalpelli. Già a diciannove anni fa parte dell’Associazione degli Acquerellisti a Roma e partecipa a varie esposizioni del sodalizio. Nel 1910 espone schizzi militari eseguiti nel 1908 durante il suo periodo di leva ed un suo paesaggio viene addirittura acquistato da Vittorio Emanuele III, re d’Italia.
Capisce allora che continuando a vivere a Tivoli significava rimanere fuori dalle sollecitazioni culturali che poteva trovare in un ambiente diverso, non provinciale e più vivo, ed allora si trasferisce dal 1910 al 1913, a Parigi dove frequentò l’Academie Carrée dì Rue du Départ, assorbendo la lezione degli Impressionisti, senza per questo “tradire” gli insegnamenti di Franz, dal quale comunque, come giustamente annota Carlo Bernoni, curatore della Mostra, già per sua natura si era distaccato per i colori più densi. Nello stesso tempo compie viaggi più o meno brevi in diverse zone della Francia, in Inghilterra e nella stessa Italia.
Da quel momento la pittura di Scalpelli si evolve, lo sfondo acquista rilievo, assumendo intonazioni a volte sensibilmente romantiche, ma serbandosi sempre variegato ed intenso nei paesaggi tonali. Nello stesso tempo assorbe gradualmente alcune intuizioni proprie degli Impressionisti.
Nel 1914 espose alla biennale di Venezia l’opera certamente più conosciuta “Il Trittico della Thuile”.
La guerra 1915-1918 lo distolse dalla sua attività, anche se portò al fronte l’indispensabile per dipingere e disegnare, come provano rapidi schizzi ed un piccolo acquerello.
Scalpelli partecipa infatti alla guerra mondiale 1915-1918 nell’Arma di fanteria (248° reggimento). Viene mandato dapprima in Libia, poi nel 1917 rientra in patria e accorre con il suo reggimento alla difesa del Monte Cimone. Prende parte alla conquista di Vertoiba (ora appartenente alla Slovenia) che gli fa attribuire la Croce di S. Giorgio di 3a classe (decorazione dell’Impero Russo che equivale alla nostra medaglia d’argento, e che nel 1992 è stata ripristinata dalla Federazione Russa). Al fronte aveva portato con sé il materiale indispensabile per disegnare e dipingere. Così rimangono dal fronte alcuni rapidi schizzi di un disertore galiziano (proveniente dalla Galizia, non quella spagnola, ma dal regno di Galizia e Lodomeria, che fu la più grande, la più popolata e la più settentrionale delle province dell’Impero austro-ungarico, con capitale Leopoli, ora città dell’Ucraina) e, quasi come presagio, un piccolo acquerello che ritrae una chiesa di campagna sotto il cielo carico d’acqua, e un cimitero di guerra in primo piano. In una cartolina del 17 maggio 1917 informa la madre che aveva preferito lasciare il comando (dove disegnava carte militari) ed era presso la scuola allievi ufficiali, dei quali si sentiva particolarmente la necessità. Il 17 agosto scrive alla madre: «… fui molto contento di rivedere il piccolo Alfredo (il fratello, anche lui al fronte) – passai con lui una buona mezza giornata – sta bene e contento. Io sto benone come non sono mai stato …». Soltanto sei giorni dopo, avvenne la tragedia, come riferisce un giornale dell’epoca: «Il 23 agosto 1917, ufficiale di punta della prima ondata sulla Bainsizza e precisamente sul Koblek (Monte Cavallo) alla testa del suo plotone, dopo aver conquistato la trincea nemica, cadeva colpito in fronte da una pallottola …». Scomparve così per la gloria d’Italia (e alla luce attuale ci domandiamo se sia valsa la pena da tanti lutti e sacrifici) il giovane artista tiburtino, matricola 43033, lui che si era dichiarato “pittore” all’atto dell’incorporamento; come risulta dal foglio matricolare, venne sepolto in località Zagomila, un po’ più in basso, non lontano dalla quota che aveva contribuito a conquistare. Scalpelli si era già imposto per l’intensità e l’originalità delle sue esperienze pittoriche, che ci fanno rimpiangere il cammino che avrebbe potuto ancora percorrere in campo artistico, anche per il nome della nostra città, un destino di morte prematura che purtroppo toccò anche all’altro artista tiburtino Luigi Gaudenzi (1905-1930). Quanti capolavori avrebbero potuto lasciarci, sia detto senza alcuna retorica!
Nel 1918 tre opere di Scalpelli figuravano nell’Esposizione degli Amatori e Cultori, tenutasi a Roma nel palazzo delle Esposizioni. Il Re e la Regina d’Italia acquistarono questi ultimi lavori dell’artista scomparso.
Il 28 giugno 1964 venne scoperta, nel corso di una solenne ed austera cerimonia la tabella toponomastica della via intitolata a suo nome nel quartiere Braschi a Tivoli.
 
(Roberto Borgia)

 

 

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