Una tale abbondanza di nomi geografici non può essere casuale. Potrebbe invece indicare un importante eponimo di popoli che vissero in Europa eccettuate le regioni nord-orientali i quali riconoscevano in esso una comune origine. La successiva invasione di popoli parlanti lingue indo-europee dissolse questa consapevolezza e oscurò il nome Ebur/Iber, ma il persistere di nomi che ne mantenevano la radice non può che dimostrarne l’ importanza anche in tempi storici.
Già la Bibbia conosce questo nome, nella Genesi si nomina tra coloro che ripopolarono la terra ‘Eber, antenato di Abraham ha-‘ibri (l’ebreo), del quale si dice: “Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam e Japhet…Anche a Sem, padre di tutti i figli di ‘Eber (kol-bne-‘Eber)…nacque una discendenza…A ‘Eber nacquero due figli : uno si chiamò Peleg…” (Gen. 10,1.21.25).“
L’espressione bne-‘Eber come bne-Israel (Is. 17,3), bne-‘Ammon (Is 11,14) ecc… indica un popolo con riferimento all’eponimo, ma il kol-bne-‘Eber del v. 10,21 suggerisce una pluralità di popoli, come se l’autore sacro fosse a conoscenza di una vasta diffusione di genti che facevano riferimento a ‘Eber.


Ingrandisce foto Vallone dell'Inferno

Il nome Peleg figlio di ‘Eber del v. 10,25 spiegato con la glossa “perché ai suoi tempi fu divisa la terra…”, suppone che il nome provenga dal verbo falag, suddividersi, smembrarsi. Invece se si collega Peleg a Pelasgos citato dagli autori greci, il quadro d’insieme cambia drasticamente. Pelasgos secondo Pausania fu il primo uomo; egli generò i Pelasgi, venne dall’Arcadia e insegnò come costruire capanne, come nutrirsi di ghiande e a cucire tuniche di pelle suina come quelle ancora indossate dal popolo dell’ Eubea (5).

Altrove Pelasgos è figlio di Foroneo che governò l’intero Peloponneso (6). Omero cita i Pelasgi di Creta (Od. XIX 178). Anche Erodoto conosce i Pelasgi e li descrive come gente che parlava una lingua non greca e che viveva nella città di Crestone (una costa vicino a Salonicco) (7). Pelasgos-Peleg sarebbe dunque il nome dei bne-‘Eber popolazione pre-greche il cui ricordo era ancora vivo in epoca classica.
I greci tramandano questo ricordo con un palese senso di disprezzo, come se si trattasse di gente rozza, di cui si è tentati di vedere popolazioni estremamente arretrate, ma ben si conosce il contegno dei greci verso i barbari. In realtà la colpa di queste popolazioni era sicuramente quella di trattarsi di genti che praticavano una qualche forma di nomadismo, per cui non avevano sviluppato quelle istituzioni e quegli stili di vita che aveva inventato la polis e nei loro riguardi un greco non poteva che provare la stessa sensazione del cittadino di una grande città che si trovi a contatto con gli abitanti di un piccolo borgo rurale.
Anche i nomadi però hanno le proprie istituzioni e la loro Weltanshauung e un interessante aiuto alla conoscenza di quella degli Iberi ci viene indirettamente proprio dalla Spagna.


Ingrandisce foto Cascata di Tivoli

Nel tredicesimo secolo fu re di Castiglia e di León, Alfonso X detto “el Sabio” (Toledo 1221-Sivilla 1284), uno dei principi più illuminati dell’epoca, animatore del risveglio del movimento intellettuale spagnolo. Egli promosse una raccolta di storie e tradizioni spagnole che condussero alla pubblicazione dell’opera “Crònica general”[5]. La cosa più interessante di questo lavoro storico in spagnolo medioevale è l’importanza che si dà alla figura di Ercole.

Nel paragrafo 3 si parla di come l’Europa fu popolata dai figli di Jafet, l’insieme dei popoli a cui viene associato il racconto biblico è molto fantasioso, ad esempio gli spagnoli vengono detti provenire dal quinto figlio di Jafet, Thubal, da cui per varie associazioni deriverebbe il nome dei Celtiberi. Aldilà però delle interpretazioni e invenzioni tipicamente medioevali, colpisce il riferimento ad Ercole come colui che dà il nome alla Lusitania “Otra tierra y ouo que llamaron Luzenna…algunos cuentan que este nombre ouo por trebeios que mando y fazer Hercules quando ouo uencido a Gerion” , un’altra terra ci fu che chiamarono Lusitania…alcuni narrano che ebbe questo nome a causa delle fatiche che dovette compiere Ercole dopo aver vinto Gerione.
A tutti è noto il racconto della decima fatica di Ercole quando dovette impossessarsi in Erizia, un’isola presso il fiume Oceano, del bestiame di Gerione re di Tartesso in Spagna. La leggenda dice come Ercole nel suo viaggio attraverso l’Europa uccidesse molte belve feroci e giunto a Tartesso, eresse un paio di colonne, sulle due rive dello stretto. Certo la leggenda doveva avere la sua importanza se, dopo che Tartesso scomparve nel V secolo, forse ad opera dei Cartaginesi, che fondarono nelle sue vicinanze Cadice, in questa nuova città fu dedicato un tempio ad Ercole.


(5) Pausania VIII 1,2 cit. in [7],1d .
(6) Igino Fabulae 143 e 274; Apollodoro II 1,1; Pausania I 39,4-6; II 15,5; IV 40,5 cit. in [7],57a .
(7) Erodoto, Historiae I 57,1

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