"Veduta dell'Aniene prima della cascata" di Gaspar van Wittel

a cura di Roberto Borgia

Grazie all'autorizzazione dell'Accademia di San Luca a Roma, siamo in grado di presentare ai nostri lettori, il più bel dipinto sulla nostra città vista prima della cascata, cioè "La veduta dell'Aniene prima della cascata", inventario 313, olio su tela di cm. 51,5 x 101, pendant della "Veduta del Porto di Ripa Grande", di Gaspar van Wittel (1652/1653-1736)(l'italianizzato Vanvitelli), dipinto entrato nella collezione dell'Accademia grazie all'eredità di Fabio Rosa, nel 1753. L'attuale Accademia Nazionale di San Luca ha origine, attraverso una serie di passaggi avvenuti fra la seconda metà del Cinquecento e la prima del Seicento, dall'antica Università delle Arti della Pittura di Roma.
Al 1478 risalgono i primi Statuti conosciuti dell'Universitas picturae [ac] miniaturae, tuttora custoditi presso l'archivio accademico, nel cui frontespizio miniato è raffigurato San Luca nell'atto di ricevere le nuove regole dell'Arte da parte di quattro membri dell'Università. Al santo evangelista, protettore dei Pittori, fu dedicata la pala d'altare della piccola chiesa di San Luca sull'Esquilino, prima sede dell'Università, tradizionalmente attribuita a Raffaello, e successivamente trasportata nella chiesa dei Santi Luca e Martina al Foro Romano, quindi in palazzo Carpegna, dove si conserva tuttora.
Il passaggio da Universitas in Accademia delle Arti della Pittura, della Scultura e del Disegno, per iniziativa del pittore Girolamo Muziano, venne ufficialmente sancito da un Breve emanato da Gregorio XIII nel 1577.


Ingrandisce foto"Veduta dell'Aniene prima della cascata"
di Gaspar van Wittel

(Ricordiamo che il Muziano fu dal 1560 al servizio del cardinale Ippolito II d'Este, impegnato nella decorazione delle sue residenze romane di Montegiordano e del Quirinale. A Villa d'Este assunse fin dal 1565 l'incarico di organizzare il cantiere pittorico, preparando disegni e cartoni trasposti in pittura da numerosi aiuti, secondo un'organizzazione d'impresa che trae origine da quella raffaellesca.

I primi affreschi eseguiti sotto la sua supervisione da un équipe di sei pittori sono nel Salone della Fontana e nella Sala di Ercole (1565-66). Negli anni successivi il cantiere di Villa d'Este vide la partecipazione di numerosi altri artisti: accanto a personalità minori si segnalano Giovanni de Vecchi, Matteo Neroni da Siena, Jacopo Palma il giovane, Federico Zuccari, legato anch'egli all'Accademia di San Luca, nonché artisti fiamminghi e francesi. Con funzioni di maggiore responsabilità organizzativa emergono invece le personalità di Livio Agresti, Durante Alberti e Cesare Nebbia, che di Muziano è l'allievo prediletto e il principale erede).

Tuttavia, l'effettiva trasformazione nella nuova istituzione fu graduale, passando anche attraverso il trasferimento dalla demolita chiesa di San Luca (1585) a quella di Santa Martina al Foro Romano, concessa nel 1588 da Sisto V all'Università dei Pittori. Pochi anni dopo, nel 1593, si ebbe la simbolica "fondazione" dell'Accademia, ad opera di Federico Zuccari, primo Principe dell'Accademia, fondatore insieme a Girolamo Muziano, e che la ospitò nella propria residenza di Trinità dei Monti, decorata da lui stesso con una serie di affreschi inneggianti al ruolo intellettuale dell'artista e alla funzione nobilitante dell'arte. (Sempre a Villa d'Este Zuccari è documentato dal 1566-68. Lavora, come riporta già Vasari, agli affreschi della Sala della Nobiltà e della Sala della Gloria, dove, secondo le sue stesse parole, "si servì di molti lavoranti, come occorre in simili lavori, per darli presto fine", assecondando i desideri del cardinale Ippolito II. Nel 1572 completa gli affreschi delle pareti della Cappella, di alta qualità pittorica, mentre recentemente gli è stato attribuito l'inserto centrale della volta nella Sala di Noè con Noè che sacrifica dopo il diluvio). Solo nel 1607 c'è l'approvazione dei primi Statuti conosciuti dell'Accademia de i Pittori e Scultori di Roma. Durante il Principato di Pietro da Cortona, dopo il 1634, gli Architetti entrarono a far parte dell'Accademia con pari autorità di Pittori e Scultori. Gli Statuti furono sottoposti a ripetuti aggiornamenti nei secoli fino alla recentissima riforma, avvenuta nel 2005.

A questo paesaggio di van Wittel il nostro Vincenzo Pacifici dedicò alcune righe veramente significative, pur se non testimone perché antecedente alla sua nascita, ma che aveva sentito descrivere dai tiburtini anziani. «Due rioni, completamente scomparsi dopo la rotta del 1826, vi appaiono in una vita fremente di particolari, tutti quei diligenti motivi di vita ingenua e quasi fanciullesca che tanto piacquero agli artisti di Fiandra: donne che lavano, attingono l'acqua, governano il pollame, balzellano canticchiando per via, mandriani che abbeverano i cavalli, turisti che curiosano o ammirano. Si scorge la vecchia porta fortificata di S. Angelo, munita di torri e merlature, la piccola chiesa di S. Egidio il cui rettore laico aveva in custodia la porta, il ponticello della Stipa, il quartiere di Cornuta con le sue case e le sue strade che vanno al fiume, l'icona di S. Giacinto con una stradetta in pendio, dove scendono le femmine con la conca o, con il loro carico, le lavatrici. Poi c'è la roccia, al di là del ciglio della cascata, su cui lo "spolvero" dell'acqua si raggruma e riscende in rigagnoli sottili. Nel fondo il ponte con un cavaliere bianco e di là il tempio della Sibilla con il campaniletto della sua chiesa. Dall'altra sponda tutto un quartiere sparito: un giardinetto cinto di mura e di vasi con semprevivi, tutto raccolto attorno a una palma alta come uno zampillo, e poi una strada in salita che presenta all'inizio muri diroccati, vecchie vittime dell'alluvione, e va fino al campanile romanico di S. Valerio, che era di fronte all'attuale orologio. Ci sono in primo piano i grossi blocchi delle antiche mura. Passano le carrozze, scendono bambini e lavandaie, chiacchierano abati, inpettiscono giovani signore, transitano frati in questua, sostano cani al guinzaglio, s'affacciano massaie pensose. Non c'è più nulla di tutto questo. Tutto cadde nel fiume e oggi sul posto s'eleva la spaziosa Piazza Rivarola».


(luglio 2016)

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