Un rovianese scomodo e ribelle: Frà Modesto

Al secolo Giovanni Flavio, figlio di Astolfo e di S., nato a Roviano nel 1580 e morto a Campli (TE) il 15 gennaio del 1654 nella chiesa-convento di S. Francesco dei cappuccini.
Molto di lui sappiamo grazie alla biografia che ci ha lasciato e che inizia così: "Io fra' Modesto da Ruviano laico cappuccino confesso che questo manoscritto è stato composto et scritto da me, mano propria". Fu un grande viaggiatore (fu a Velletri, Roma, Priverno, Montefiascone, Paliano, Monterotondo, Palestrina, Scandriglia, Bracciano, etc) ed anche scrittore di numerose opere tra le quali ricordiamo il "Trattato dell'Immacolata Concezione della Madre di Dio" e "La Dimostrazione di tutti gl'Instrumenti che sadoprorno nella Passione e morte del nostro Salvatore signore nostro Giesù Christo".
Dalla sua biografia apprendiamo che, dopo spiacevoli vicende familiari, si era trasferito giovanissimo a Roma; qui all'età di vent'anni era stato "rapito dalla luce" e si era fatto frate cappuccino laico. Non ebbe mai l'aspirazione di diventare ma umilmente consumò la sua vita nella penitenza vestendo cenciosamente e mangiando pochissimo. Rinunciò per tutta la vita a cibarsi di carne.

Chiesa della Madonna del Rosario
Ingrandisce foto Chiesa della Madonna del Rosario

Spesso si autoflagellava e trascorreva la notte pregando e facendo penitenza restando in piedi. Sperimentò sulla propria pelle gli anni foschi e pieni di sospetti del post Concilio di Trento (1545-63), della Controriforma in risposta alla Riforma protestante luterana, della nascita dell' Inquisizione perchè era uno spirito libero e poco rispettoso dei dogmi fu condannato dall'Inquisizione come eretico avendo anche composto un trattato sulla concezione Immacolata di Maria, non rispondente alla verità stabilita dalla Chiesa.
In seguito a ciò nel maggio del 1641 fu esiliato in Germania, a Colonia, con il perentorio ordine di non scrivere più e di non su temi teologici altrimenti sarebbe stato scomunicato o incarcerato. Solo dopo molti anni gli fu permesso di tornare in Italia (in Abruzzo a Campli, un piccolo paese attualmente facente parte della provincia di Teramo e della Comunità della Laga), sempre come esiliato e come tale restò fino alla sua morte avvenuta all'età di 74 anni.

Gli fu ordinato di recarsi a vivere nel convento d Scaindriglia per poter essere controllato meglio dall'allora padre Bonaventura da Nepi e di recargli questa lettera riportata negli Annali della Provincia Romana:
Al padre guardiano di Scandriglia per f.Modesto M.V. Padre Della Deffinitione, e da me gl'è mandato costà di famiglia f. Modesto da Ruviano con li seguenti ordini che la P.V. gli farà eseguire puntualmente.
1. Che non lo mandi fuora di Casa, se non per qualche necessità inevitabile o in tempo di Processione.
2. Che in casa se ne serva in tutto quello che può, eccetto che il mandarlo alla Porta;
3. Che non lo faccia parlare con alcun Secolare, Huomini, o Donne che siano.
4. Che non riceva, ne mandi lettere, senza che la P.V. le legga tutte, e quando siano di Secolari non gliele dia ma risponda lei per lui.
5. Che non gli lasci tenere in cella ne penna, ne calamaio, ne carta, ne Lucerna.
6. Che non lo lasci trattare alla lunga per modo d'istrutione, o di dare ammaestramenti spirituali a' Chierici o Laici.
7. Tutti li predetti Ordini, glieli leggerà in pubblico refettorio e lo pregherà di credere che non ci è cosa più pericolosa che l'apparente bene e la virtù palliata coll'applauso del secolo con fama di Santità. Roma 20 Novembre 1632.
firmato. Bernardino da Macerata Provinciale

Roviano
Ingrandisce foto Scorcio del centro storico

Alcuni sostengono che avesse il dono della profezia e avesse compiuto dei miracoli sia in vita che dopo la sua morte.
Fu un uomo dalla forte personalità e per questo fu molto amato dalla gente Al suo funerale accorse una moltitudine di fedeli che si impossessarono di alcune sue reliquie (barba, capelli e brandelli del suo abito).
Infine nel 1662, a otto anni dalla sua morte, Fra' Modesto subì un altro processo finalizzato però ad esaminare l'eroicità delle sue virtù.

 

 

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