Tivoli nel Basso Medioevo

La città seguì le lotte tra le famiglie nobili romane con sentimenti diversi: odio verso i pontefici al servizio degli aristocratici romani e verso quest'ultimi, diffidenza verso gli Ottoni, cioè gli imperatori sassoni che ripristinarono il S.R.I. di origine tedesca.
Ottone III cacciò da Roma la potente famiglia dei Crescenzio ma Tivoli continuò a soffrire in quanto i Conti che l'amministravano per conto degli Ottoni proseguirono nella spoliazione dei beni tiburtini a favore del monastero sublacense. La rivolta allora fu generale e Tivoli insorse contro il conte Gozzelino inviato da Ottone III che col suo esercito l'assediò (1000); davanti al pericolo i Tiburtini promisero di combattere fino alla fine, chiamando come tesimone del giuramento S.Lorenzo a cui fecero voto di pagare, allargando la promessa ai propri posteri, ogni anno un denaro d'argento o un oggetto di pari valore consegnandolo alla Cattedrale il 10 agosto, festa del Santo protettore. Tramite l'intercessione di S.Romualdo, di S.Silvestro II e di Bernardo vescovo di Hildesheim giunsero ad un accordo con l'imperatore a cui fecero atto di sottomissione maturando la scelta politica di essere ghibellini, scelta che perdurò tre secoli, dettata dal fine di essere difesi contro gli odiati Romani se questi avessero osato tentare di sottoporli alla loro dipendenza.


Ingrandisce foto Tempio di Vesta e della Sibilla

Naturalmente i Romani non si sentirono tutelati e insorsero contro Ottone III che abbandonò Roma, nel 1001 fu a Tivoli ma poco dopo morì non ancora ventiduenne nel 1002 a Paterno, presso il Soratte. Per controbilanciare, annullare e poi sostiture la potenza acquistata dai monaci sublacensi a Tivoli, fu fatta dai tiburtini una donazione nel 1003 all'abate Ugo del monastero di Farfa (fedele all'imperatore)

concernente alcune aree vicine all'anfiteatro di Bleso, a Castrovetere, a Porta Avenzia onde permettere lo sviluppo dei monasteri benedettini. Non molto si sa sull'XI sec.; nel 1084 Tivoli fu assediata da Roberto il Guiscardo, intervenuto in difesa di Gregorio VII, che aveva ospitato l'antipapa Clemente III. Uguale ospitalità fu data dai Tiburtini ad un altro antipapa Silvestro IV (forse un monaco di Farfa), espulso da Roma nel 1108 dal partito dei riformatori. Quando il papa Pasquale II si allontanò dall'Urbe, Tivoli insorse contro di lui insieme alla Sabina ma il pontefice, con l'aiuto dei Normanni, la espugnò (era dai tempi dell'ostrogoto Totila che ciò non accadeva) e la riportò alle sue dipendenze. Il predetto papa fu ancor più odiato dai tiburtini quando l'anno seguente donò Affile e Ponza al monastero di Subiaco togliendole ai feudatari Ildemondo e a suo figlio Filippo.


Ingrandisce foto Vista di Tivoli

L'elezione di un pontefice straniero, Callisto II (1119-1124) portò un po' di pace a Roma essendo estraneo alle lotte tra gli aristocratici locali ma non fu così a Tivoli dove si riaccesero le controversie col monastero di Subiaco, retto allora dall'abate Pietro IV, fino al punto di far intervenire l'esercito cittadino a cui naturalmente l'abate rispose con le proprie milizie. Si giunse poi ad un patto giurato stipulato nel 1126 la cui applicazione però fu rinviata nel tempo.

Tivoli e Roma diventavano sempre più nemiche: la prima aveva una costituzione cittadina più avanzata, era avversa alla politica d'infeudazione degli aristocratici romani ed al loro appoggio all'espansione del feudo benedettino di Subiaco, aveva avuto atteggiamenti diversi con Ottone III; la seconda non sopportava la posizione strategica tiburtina aperta verso l'Abruzzo, le rivendicazioni sui pedaggi, sui tributi, sui diritti di pascolo. Il Papa Innocenzo II giunse persino a scomunicare i tiburtini (1139) per essersi appropriati dei castelli di S.Polo, di S.Angelo e di S.Cosimato poi d'accordo con i Romani (che da sempre volevano controllare le vie principali grazie alla sovranità su Viterbo, Tuscolo) con un esercito il 3 maggio 1142 marciò su Tivoli deciso a distruggerla. Il 12 giugno 1142 Tivoli sconfisse l'esercito romano che l'aveva assediata; l'anno seguente il 7 giugno del 1143 nella battaglia di Quintiliolo i Romani ebbero la meglio e solo l'intervento del Papa Innocenzo II (che aveva tutto l'interesse di avere i tiburtini come alleati per controbilanciare i Romani) salvò la città dalla distruzione.

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