Anfiteatro di Bleso

Tornato alla luce nel 1948 durante la realizzazione di un'arteria interrotta a causa di tale ritrovamento, era già presente nei regesti medievali di Subiaco e di Farfa, che parlano di un fundum Amphiteatrum. Anche due lapidi ne testimoniano l'esistenza: la prima dice che M.Tullius Blesus intorno alla metà del II sec. d.C. contribuì all'inaugurazione dell'anfiteatro con 200.000 sesterzi e 200 giornate lavorative; la seconda del 24 luglio 184 d.C. cita un certo M.Lurius Lucretianus che avrebbe sostenuto il finanziamento di una venatio (combattimento di uomini con belve in una simulata caccia) e di incontri di 20 coppie di gladiatori.

L'Anfiteatro visto dalla Rocca Pia
Ingrandisce foto Anfiteatro di Bleso

Da quanto emerso finora si possono dedurre questi dati: la costruzione è di forma ovale, con l'asse maggiore di 90 m. e l'asse minore di 50 m. La cinta esterna è decorata da semicolonne, in corrispondenza dei muri radiali che sostenevano le gradinate;

attorno ad un'arena centrale di m. 61x41 corre un ambulacro (corridoio) largo m. 2,20 coperto con una volta a botte, al quale si addossano i cunei che sorreggevano le gradinate disposte su un'ellisse misurante esternamente m. 85x65. Sul lato est dell'anfiteatro fu inglobata una via selciata i cui resti sono ancora visibili. A rendere più travagliata la conservazione di questo monumento fu la decisione presa dagli architetti preposti all'edificazione nella metà del XV sec. della Rocca Pia di abbattere tutti i muri dell'anfiteatro che superavano i 3 m. di altezza, i quali avrebbero potuto permettere ai nemici di nascondersi tra le rovine, e di riempire con i materiali di risulta tutti gli avvallamenti dell'area circostante il castello sempre per la medesima ragione. Il terreno dell'anfiteatro fu trasformato, dal cardinale Ippolito II d'Este, a parco di caccia (da ciò il nome di Barchetto dato alla zona).


Ingrandisce foto Anfiteatro di Bleso

Era esclusa dal piccolo parco, la parte vicina alla Rocca Pia, dove erano le fosse, il ponte levatoio e l'unica strada di accesso alla Rocca. Successivamente agli inizi del '600, il parco passò al cardinale Cesi che lo trasformò in giardino-orto e parte in bosco.
I primi scavi hanno riportato alla luce la sola curva N. ed attualmente si sta procedendo verso S. per tentare di riportare alla luce tutto il complesso il che appare molto arduo visto che una delle quattro torri della Rocca Pia poggia sui resti dell'anfiteatro.

Ai margini del Barchetto sorsero le scuderie estensi, "lo STALLONE" con la casamatta del corpo di guardia del castello di Pio II, mutata poi nella caratteristica "Taverna della Rocca". Per quanto riguarda la datazione dell'anfiteatro si può affermare, studiando le tecniche di costruzione, che essa risale all'età adrianea come afferma la citata lapide di Bleso. Il muro perimetrale esterno, le semicolonne addossate ai cunei,sono costituite da parallelepipedi di tufo e testina di travertino (opera vittata); all'interno prevalgono l'opera mista e quella reticolata. Il pavimento era costituito da un miscuglio di malta e di breccia calcarea. A S. probabilmente l'anfiteatro era incassato in una collina tufacea e quindi non avrebbe avuto bisogno di sostruzioni come invece nel lato N. Nell'anfiteatro sono stati ritrovati reperti di epoche medievale e moderna, asportando la terra che copriva un settore dell'arena nel 1991-92. Sono stati rinvenuti anche sei frammenti di coppe e due matrici della classe ceramica delle fabbriche che operavano a Tivoli in età romana. Questi frammenti vanno ad aggiungersi a quelli ritrovati nel 1927 nelle adiacenze dell'anfiteatro e tuttora conservati nel Museo Nazionale Romano. Oggi l'anfiteatro viene sfruttato per le manifestazioni pubbliche come sfilate, rappresentazioni teatrali e concerti.

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