"Veduta di Tivoli con la cascata vecchia dell'Aniene" di Gaspar van Wittel (quarta parte)

a cura di Roberto Borgia

Notevole è l'emozione che sa darci il particolare del lato destro della tela che viene conservata nel Walters Art Museum già Walters Art Gallery, il principale museo di arti visive di Baltimora nel Maryland negli Stati Uniti con il titolo di "View of Tivoli", cm. 35,7 x 46,4 (intera) di Gaspar van Wittel (1652/1653-1736) (l'italianizzato Vanvitelli) e databile tra il 1680 e il 1736, altrimenti conosciuta anche come "Veduta di Tivoli con il Tempio di Vesta".
Tra le vedute di soggetto non romano questa raffigurante la cascata di Tivoli (prima della costruzione dei cunicoli gregoriani, dopo l'inondazione del 1826) fu senza dubbio tra le più richieste dai collezionisti e dai viaggiatori del primo settecento; catalogata in dodici esemplari che probabilmente non ne esauriscono la produzione, è seconda infatti solo a quella che raffigura la Darsena di Napoli.
Certamente il Tempio sull'acropoli fa da padrone contribuendo ad ampliare a dismisura il fascino della tela, laddove van Wittel in altre opere si limita (per modo di dire) a illustrare la cosiddetta cascata vecchia solo con le due sponde.
Mi è venuto spontaneo inserire il particolare di tale opera, costatando le difficoltà di deambulazione che s'incontrano ancora oggi nella zona di Piazza Rivarola, difficoltà come pedoni ed anche soprattutto con le automobili e mi fa venire in mente come fosse difficoltoso anche più di trecento anni fa l'ingresso nella nostra città, non esistendo però ancora Ponte Gregoriano e passando tutto il traffico di uomini, di carretti e di animali per la via S. Valerio per scendere a Roma o per salire e recarsi in Abruzzo.
Cosa si vuole? Anche le Piazze andrebbero rispettate ed essere considerate come tali e non palestra di sperimentazioni! Una piazza è una piazza. Non dovrebbero esserci barriere, come ora in Piazza Plebiscito, simile più a una pista da luna park. Basti vedere Piazza Campo de'Fiori a Roma, dove è stato eliminato, già da diversi anni, il gradino che isolava la Piazza stessa dalle vie circostanti.


Ingrandisce foto "Veduta di Tivoli con la cascata vecchia dell'Aniene"
di Gaspar van Wittel

Ma ritornando al particolare della tela, tralasciamo il tempio rotondo dell'acropoli e occupiamoci proprio del valore fotografico della descrizione: sulla sinistra si vede la Chiesa di S. Rocco o di S. Maria del Ponte, appartenente al Borgo Cornuta.
Il borgo occupava all'incirca tutta l'area oggi compresa fra il fiume, l'antico canale detto "Stipa" e gli attuali ex Hotel Sirene (la Chiesa era proprio in questo luogo e in un ambiente inferiore una vera e propria cripta vi era la sala congregazionale dei confratelli di S. Maria del Ponte), Ponte Gregoriano e Largo S. Angelo.

Sempre in pericolo per l'erosione del fiume con le varie inondazioni, si ha testimonianza già di riparazioni, insieme al limitrofo ponte, già nel 1387, ma il colpo finale fu assestato dall'incendio provocato il 27 novembre 1835 dai fuochi d'artificio, che erano stati lavorati proprio in alcuni locali annessi alla Chiesa e dove poi rimasero per lungo tempo i meccanismi e gli avanzi della macchina utilizzata, dopo la cerimonia dell'inaugurazione dei cunicoli gregoriani del 6 ottobre 1835.
Certamente per incuria quei meccanismi pericolosi si trovavano ancora lì il 27 novembre 1835, quando la Confraternita fu chiamata per un servizio mortuario e ritornando nella Chiesa un confratello gettò una fiaccola, credendo di averla spenta, nell'angolo della Sacrestia. Bruciarono tutti gli arredi della Sacrestia, tutte le suppellettili e la stanza contigua contenente le vesti di tutti i confratelli, l'incendio poté essere fermato solo a partire dall'alba del giorno seguente, quando ci si accorse dell'incendio stesso.

Si stavano riparando poi le devastazioni dell'incendio, ma il destino era segnato, quando il 6 febbraio del 1836 una piena penetrò nella grotta di Nettuno, nonostante i cunicoli gregoriani assorbissero la metà della piena del fiume Aniene, distruggendo gran parte della scogliera, che era collegata con quella di fronte e allora venne il timore che potesse essere travolta anche la Chiesa, e siccome fu stabilito che non conveniva economicamente, anzi non si poteva più, conservare la chiesa, tolte le poche suppellettili sacre sopravvissute all'incendio dell'anno precedente, si stabilì di demolirla "fino all'altezza di palmi 15 dal suolo in tutta la circonferenza del fabbricato", perché appunto ritenuta pericolante e di pregiudizio ai lavori nella sottostante grotta di Nettuno sfaldatasi nella piena. La Confraternita fu trasferita nel 1844 nella Chiesa di S. Andrea, visitata da Gregorio XVI nel 1834 e allora fatiscente, dove tuttora sussiste. A S. Andrea fu collocato un affresco proveniente dalla Chiesa distrutta e che ebbe la sistemazione definitiva nel 1875 nell'altare della navata sinistra, raffigurante la Madonna con il bambino e databile al XV secolo.
Ma ritorniamo alla precedente situazione: dalla Chiesa di S. Maria del Ponte si apriva il Ponte di S. Rocco che permetteva di attraversare la cascata vecchia, spettacolo sempre impressionante per tutti i viaggiatori, più volte caduto e più volte ricostruito. Ci s'inerpicava poi per la salita di Via delle Mole, così chiamata per la presenza di mulini che sfruttando l'acqua del fiume lavoravano il grano o le olive (qualche mola è ancora visibile sotto questa via).
(maggio 2012)

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