Zenobia e il Regno di Palmira

Oasi del deserto siriano, Palmira ospita le rovine monumentali di una delle più affascinanti e prestigiose città del mondo orientale greco-romano.
Nel 1678 alcuni mercanti inglesi, avendo sentito alcuni racconti arabi che narravano dello splendore di alcune rovine situate nel deserto, decisero di tentarne la scoperta. La prima spedizione fallì, ma la seconda, nel 1691 ebbe buon esito.
Intorno alla metà del 700, due viaggiatori, Robert Wood e Stephen Dawkins, che avevano visitato le rovine della città, pubblicarono alcuni blocchetti di schizzi di ciò che avevano visto; tali disegni stupirono moltissimo gli ambienti scientifici e artistici dell’epoca, influenzando il movimento neoclassico in Inghilterra. Gli Arabi erano soliti chiamare Tadmor la città che i Romani, per via delle palme da dattero qui presenti, appellavano Palmira. All’indomani della morte del grande Alessandro Magno, l’insediamento ebbe una grande importanza, sotto la satrapia di Seleuco I e dei suoi successori, perché controllava le vie carovaniere (che raggiungevano il Mediterraneo, l’India, la Persia, l’Arabia); si trovava quindi al centro del commercio ed era vicina alla sorgente dell’Efqua che sgorgava da Djebel Muntar, a sud ovest del luogo in cui la città fu costruita. Era quindi prossima alla frontiera sia con i Parti che con i Romani per cui si alleava ora con gli uni ed ora con gli altri fino a che, nel I sec.a.C., preferì stringere forti legami istituzionali con Roma.

Palmira
Palmira

Nel 129 l’imperatore Adriano la visitò e la riconobbe come “città libera”, e ciò unicamente al fine di interporre uno stato-cuscinetto tra la Persia ed il territorio romano. Nel 217 Caracalla la proclamò “colonia romana”, titolo molto ambito poiché esonerava dal pagamento delle imposte. Nel III secolo la Persia ridiventò per l’impero romano un grosso pericolo tanto che nel 260 persino l’imperatore Valeriano fu fatto prigioniero dai Sassanidi.

Le difficoltà in cui si trovava Roma indussero i dirigenti di Palmira a pensare che fosse arrivata l'ora di liberare tutto il Medio Oriente dalla dominazione romana o persiana. Così fu proclamata Repubblica, governata da un Senato, e poi Regno sotto Odenato. Ma nel 267 Odenato e suo figlio, erede al trono, furono misteriosamente assassinati; si sussurrava che la mandante fosse la seconda moglie del re, Zenobia Settimia, figlia del mercante Amru; già da quando sposò Odenato, signore di Palmira, di circa quarant'anni piu' vecchio di lei, aveva iniziato a nutrire sogni di potere. Era molto bella (si vantava di discendere da Cleopatra), era molto colta (conosceva cinque lingue) e molto ambiziosa. Il suo pensiero politico era filopersiano e antiromano, contrariamente al marito Odenato che proteggeva Roma dalle incursioni persiane e cio' gli aveva procurato l'appellativo di "corrector" dell'Impero.

Palmira
Palmira

E' per questo che, quando rimasta vedova, fu da sola a regnare con un bambino piccolo, decise di realizzare il sogno da lei sempre accarezzato: potenziare il regno di Palmira tanto da offuscare quello di Roma. In soli due anni di regno caccio' numerose legioni romane dalle province orientali e creo' un vasto impero che comprendeva Mesopotamia, Siria, Palestina ed Egitto.

Stipulo' un accordo con i Persiani per garantire la pace alle carovane in transito a Palmira, che così divenne un floridissimo centro commerciale in cui si scambiavano porcellane, avorio, sete, spezie, porpora e pietre preziose.
Sfidando Roma oltre ogni misura, Zenobia e suo figlio Vaballato (Vahballat), proclamato “Augusto”, coniarono una propria moneta. Naturalmente l’imperatore romano allora in carica, Aureliano, reagì e le inviò contro un esercito che, dopo una serie di vittorie, nel 272 d.C. conquistò Palmira. Zenobia riuscì a fuggire e, in groppa ad un dromedario si diresse verso est sperando nell’aiuto dei Sassanidi, ma fu raggiunta e fatta prigioniera.

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