Il calendario romano

Sembra doversi attribuire ai Babilonesi il primo sistema per misurare lo scorrere del tempo. Esso era basato sull’apparente rotazione solare e sugli intervalli tra i vari pleniluni (luna piena). Gli astronomi babilonesi pertanto divisero l’anno in due semestri lunari corrispondenti all’inverno ed all’estate. Quindi ogni anno intercalarono ad intervalli regolari, un mese in più al fine di eliminare la discrepanza tra anno lunare e quello solare.
Nell’antico Egitto invece lo scorrere del tempo era calcolato grazie ad un calendario solare, basato sull’apparizione e conseguente sparizione della stella Sirio non che sulle inondazioni annuali del Nilo, le quali erano strettamente legate alla ricomparsa della predetta stella. Gli Egiziani quindi ripartirono l’anno in tre stagioni costituite da quattro mesi ognuna (ogni mese era formato da trenta giorni).

L'Anfiteatro visto dalla Rocca Pia
meridiana emisferica I sec. a.C.- museo di Palestrina

In Grecia invece ciascuna polis iniziava l’anno in periodi diversi; il calendario ateniese così come a Samo ed a Delfi cominciava in estate; a Chio in primavera mentre a Sparta, in Beozia ed a Rodi in autunno. Nell’Attica, regione in cui era situata Atene, l’anno era diviso in dodici mesi i cui nomi erano: ecatombeone (15/7 –15/8) era il primo di trenta giorni a cui seguivano metagittione, boedromione, pianepsione, memacterione, poiseidone, gamelione, antesterione, elafebolione, munichione, targelione, sciroforione. Essi erano di 29 e 30 giorni alternativamente. Tale calendario luni-solare però aveva delle discrepanze per cui dopo 5 anni di 12 mesi lunari corrispondenti a 354 giorni, occorreva calcolare tre anni di 13 mesi ognuno (384 giorni).

Presso i Romani inizialmente l’anno era costituito da dieci mesi: Martius, Aprilis, Maius, Junius, Quintilis, Sextilis, September, October, November, December. I giorni in totale erano solo 304 per cui non si seguiva né l’anno lunare né quello solare. Fu Numa Pompilio ad aggiungere all’anno altri due mesi (gennaio e febbraio) ed ad intercalare ogni due anni, immediatamente dopo le Terminalia (feste che si celebravano a Roma il 23 febbraio per onorare il dio Termine), un mese di soli 22 0 23 giorni secondo i dettami dei pontefici (il pontefice era a Roma il membro del collegio dei sacerdoti incaricato di sorvegliare i culti ufficiali; fu proprio Numa Pompilio ad istituire tale collegio; il pontifex maximus presiedeva il collegio dei pontefici e compilava gli Annali pontefici, in cui venivano registrati gli eventi verificatisi durante l’anno).

Fu sempre Numa Pompilio ad istituire le calende (Kalendae, indicate sul calendario con la lettera K) primo giorno del mese che prevedeva scadenze e feste e coincidevano con la luna nuova); le none (Nonae, lettera N, ogni quarto di luna) erano il nono giorno prima delle idi: a marzo, maggio, luglio ed ottobre cadevano nel il giorno 7 mentre negli altri mesi il 5; e le idi (Idus o Eidus, lettera EI) erano il giorno di luna piena che divideva il mese a metà; a marzo, maggio, luglio ed ottobre era il 15 negli altri mesi il 13. Tutti gli altri giorni erano indicati con un “conteggio alla rovescia”rispetto a quelli fissi, con un calcolo che prevedeva sia il giorno di partenza che quello di arrivo (per esempio 27 settembre = 5° giorno delle calende di ottobre). I giorni quindi venivano contati non in riferimento al mese, ma in riferimento alle Calende, alle None e alle Idi. Si contavano, come predetto, quanti giorni mancavano alla solennità successiva tenendo conto sia del giorno di partenza che del giorno di arrivo.

Ritratto funerario
Fasti Prenestini - museo di Palestrina

Invece di dire "il 12 di marzo" dicevano "mancano quattro giorni alle Idi di marzo", ossia al plenilunio. Questo computo derivava dal calendario lunare dove si era soliti dire quanti giorni mancavano alla luna piena piuttosto che dire quanti giorni erano passati dall'ultima luna piena.

Inoltre i Romani qualificavano i giorni in funzione delle attività religiose e civili che potevano essere svolte sempre ricorrendo alle lettere F, NF, EN, C, NP, FP

F Dies fastus Giorno in cui le azioni legali erano permesse
N Dies nefastus Giorno in cui le azioni legali non erano permesse
EN Dies intercisus, endotercisus Giorni nefasti all'inizio e alla fine, ma fasti in mezzo
C Dies comitialis Giorni in cui si potevano tenere i Comizi ossia le assemblee pubbliche
NP Festa religiosa pubblica
FP Festa religiosa pubblica

La riforma giuliana

Passando il tempo però si arrivò ad un punto in cui il calendario romano era spostato in avanti di ben tre mesi rispetto alle stagioni il che generò confusione e problematiche varie. Fu il grande Giulio Cesare nel 46 a.C. a pensare di risolvere tale inconveniente riformando il calendario che da lui prese il nome (calendario giuliano). A tale scopo affidò all’astronomo e matematico alessandrino Sosigene di Alessandria il compito di studiare come attuare tale riforma. Fu preso come partenza l’anno solare di 365 giorni e fu aggiunto ogni 4 anni un giorno (366 giorni, anno bisestile). Tale giorno fu inserito tra il 23 e il 24 febbraio, poiché questo era indicato come il sesto giorno delle calende di Marzo tale giorno fu indicato come bis sexto die (di qui il termine bisestile). L’astronomo inoltre spostò l’inizio dell’anno dal 1° marzo al 1° gennaio.
Giulio Cesare, per far ricoincidere le stagioni con i mesi, decretò che il 46 a.C. durasse ben 445 giorni (definito dai Romani come “l’anno della confusione”). In onore di Giulio Cesare fu cambiato il nome al mese di Quintilis che si chiamò da allora in poi Iulius (Luglio). Il suo successore, il nipote Ottaviano divenuto imperatore col nome di Augusto, cambiò il nome del mese Sexstilis con Augustus (odierno Agosto).

Il grammatico Verrio Flacco, nativo forse di origine prenestina, tra il 6 ed il 10 d.C elaborò un calendario di cui a partire dalla fine del XVIII sec sono stati trovati vari frammenti nell'antica Praeneste. In origine i Fasti di Verrio Flacco, precettore dei nipoti di Augusto,erano scolpiti su 12 lastre (una per ogni mese) ed erano esposti come di consueto nel foro perchè erano propaganda di regime riportando tutta una serie di informazioni sulle ricorrenze legate alla figura dell'imperatore. Nell'età arcaica invece erano i sacerdoti ed i sacerdoti a custodire il calendario; solo nel 304 a.C. anno fu deciso di esporlo al pubblico. Nei Fasti di Verrio Flacco è riportato sia la riforma dell'anno bisestile di Giulio Cesare che la modifica apportata da Augusto che, come prima anticipato, cambiò il nome del mese Sexstilis con Augustus (odierno Agosto).

Il calendario giuliano è alla base di quello attualmente in uso. Nel 1582 papa Gregorio XIII apportò alcune correzioni per cui il nostro calendario è chiamato gregoriano.

L'anno

All'inizio della Repubblica romana per indicare l’anno si indicavano i nomi dei due consoli in carica con una formula specifica (ablativo assoluto dei due nomi seguito da “consulibus”) ad es. - M.Tullio Cicerone C. Antonio Hibrida consulibus- corrisponde al 63 a.C.
Chiaramente esisteva un elenco ufficiale in cui erano riportati tutti i consolati; tali elenchi, aggiornati dai pontefici, erano i “fasti consulares.”.
Successivamente, nella tarda Repubblica (nonché dagli storici per indicare l’anno si ricorse a contare gli anni dalla fondazione di Roma avvenuta nel 753 a. C. (in questo caso la formula era “ab urbe condita”, dalla fondazione della città, oppure “ ante urbem conditam”, prima della fondazione della città) oppure alla proclamazione della Repubblica (a regibus exactis, la cacciata dei re) o ancora alla I° Olimpiade (776 a.C.). Con l’affermarsi del Cristianesimo il tempo si cominciò a contare dalla nascita di Cristo (ante o post Christum natum, prima o dopo la nascita di Cristo). Durante il tardo Impero romano si usò anche contarli dall'insediamento di Diocleziano con la sigla AD che sta per Anno Diocletiani da non confondere con la sigla AD usata nel medioevio con il significato di Anno Domini.

La settimana e i giorni

Sosigene introdusse anche una divisione interna del mese , legata ai giorni di mercato, composta da un ciclo di otto giorni che includendo anche quello iniziale diventavano nove di qui il termine Nundinae ( vocabolo composto da novem nove e dies giorno); da cui l'aggettivo nundinale per scandire la periodicità settimanale di nove giorni (dovuta al conteggio tutto incluso dei Romani laddove oggi diremmo periodicità di otto giorni).

Poiché la durata dell'anno non era un multiplo di 8 e tenendo conto che esso iniziava sempre con la lettera "A", si aveva che la lettera per il giorno di mercato (nota come lettera nundinale), pur rimanendo costante durante tutto l'anno, non era la stessa al passare degli anni. Se, ad esempio, la lettera per i giorni di mercato di un dato anno era stata la "H" e l'anno era di 355 giorni, la lettera nundinale per l'anno successivo diventava la "C".
Il ciclo nundinale scandiva la vita romana: il giorno di mercato era quello nel quale la gente di campagna andava in città per vendere i suoi prodotti e la gente di città acquistava i viveri necessari per tirare avanti otto giorni, fino alle successive nundine. L'importanza del giorno di mercato era tale che fu approvata una legge nel 287 a.C. (la Lex Hortensia) che vietava i comizi e le elezioni in quel giorno, anche se consentiva lo svolgimento delle cause. Agli inizi del periodo repubblicano nacque la superstizione che portasse sfortuna cominciare l'anno con un giorno di mercato: il pontefice massimo, a cui spettava la gestione del calendario, adottava le opportune misure per evitare che ciò accadesse.
Poiché durante la Repubblica il ciclo nundinale era rigidamente di otto giorni, le informazioni sulle date dei giorni di mercato rappresentano uno degli strumenti più importanti in nostro possesso per determinare a quale giorno del calendario giuliano corrisponde un determinato giorno del calendario romano.
Il ciclo nundinale venne successivamente sostituito dalla settimana di sette giorni, entrata in uso agli inizi del periodo imperiale, dopo l'avvento del calendario giuliano. Il vecchio sistema di lettere nundinali viene comunque utilizzato ancora oggi, riadattato per la settimana di sette giorni . Per qualche tempo la settimana e il ciclo nundinale coesistettero, ma quando la settimana fu ufficialmente istituita da Costantino nel 321 d.C., il ciclo nundinale era già caduto in disuso.
Costantino sostituì la dies solis (giorno del sole) con la dies dominica (giorno del Signore), effettuando un compromesso tra mondo pagano e mondo cristiano. I cristiani affiancarono le proprie denominazioni ad alcune denominazioni ufficiali dei giorni, in particolare per il sabato e la domenica.

Il ciclo nundinale in vigore nel calendario romano venne sostituito dalla seguente settimana nel calendario giuliano
Italiano Latino (pagani) Latino (cristiani)
Domenica Solis dies Dies dominica
Lunedì Lunae dies Feria secunda
Martedì Martis dies Feria tertia
Mercoledì Mercurii dies Feria quarta
Giovedì Iovis dies Feria quinta
Venerdì Veneris dies Feria sexta
Sabato Saturni dies Sabbatum

Le ore

Il giorno iniziava al levare del sole. Il periodo tra l'alba ed il tramonto veniva diviso in 12 ore (horae). La durata delle ore era variabile in quanto dipendeva dal tempo effettivo di luce. All'equinozio la durata di un'ora era pari ad una nostra ora, ma al solstizio d'inverno era minore ed al solstizio d'estate era maggiore. Il punto mediano era l'hora sexta, mezzogiorno (meridies).
Nella vita militare la notte era divisa in 4 vigiliae o turni di guardia, ciascuna di 3 ore in media.

Nella vita civile si usavano dei termini più generici per le varie parti della notte.
Da mezzanotte alle 3 tertia vigilia
Dalle 3 alle 6 quarta vigilia
Dalle 6 alle 7 hora prima
Dalle 7 alle 8 hora secunda
Dalle 8 alle 9 hora tertia
Dalle 9 alle 10 hora quarta
Dalle 10 alle 11 hora quinta
Dalle 11 alle 12 hora sexta
Dalle 12 alle 13 hora septima
Dalle 13 alle 14 hora octava
Dalle 14 alle 15 hora nona
Dalle 15 alle 16 hora decima
Dalle 16 alle 17 hora undecima
Dalle 17 alle 18 hora duodecima
Dalle 18 alle 21 prima vigilia

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