"Veduta di Villa d'Este e del suo giardino a Tivoli" di Johann Wilhelm Baur (seconda parte)

a cura di Roberto Borgia

Presentiamo un particolare dell'olio su tela View of the Villa d'Este and gardens, Tivoli, il cui formato originale è di cm. 130,8 x 104,2, appartenente al una collezione privata inglese, presente nella Mostra "Paesaggio laziale tra ideale e reale. Dipinti del XVII e XVIII secolo", che si svolge a Villa d'Este, nel piano nobile, fino al 1 novembre 2009. Abbiamo già detto che Francesco I, duca di Modena e Reggio (1610-1658), dimostrò, anche con i fatti, un sincero interesse per il possedimento tiburtino della villa estense, che alcuni suoi predecessori duchi avevano lasciato nell'abbandono e nell'oblio e questo particolare della tela di Baur (1607-1642) si inserisce perciò in questo clima di rinascita, non per nulla immortalata in uno dei rari oli dell'artista strasburghese.
Quando il Baur si recò nella nostra città per godere della visione della villa, ancora non era stati eseguiti gli interventi del Bernini per il cardinale Rinaldo I d'Este (1618-1672), succeduto nel possesso a Francesco I. In particolare si nota l'assenza della fontana del Bicchierone (1660-1661), posta sopra il vialone delle cento fontane, una delle prime note barocche della villa d'Este. Tale fontana fu commissionata appunto dal cardinale Rinaldo d'Este a Gianlorenzo Bernini, per essere posta nel luogo dove, secondo il progetto originario del giardino, dovevano essere poste tre nicchie con le statue di Socrate, Solone e Licurgo.


Ingrandisce foto Veduta di Villa d'Este e
del suo giardino a Tivoli

La fontana del Bicchierone fu appunto attivata nel maggio del 1661 per onorare gli illustri ospiti della Villa, ma il suo zampillo, che ricorda il giglio di Francia, fu successivamente ridimensionato dallo stesso Bernini, perché, essendo troppo alto, impediva la vista dalla Loggia di Pandora. Ma torniamo ad esaminare il particolare della tela di Baur. Il palazzo è interrotto al centro da una duplice loggia in travertino, a serliane contrapposte, di ordine dorico in basso, e ionico in alto, affiancata da due scalinate monumentali; il Baur nella nicchia sotto il primo loggiato in alto dipinge lo schizzo della fontana non più presente e che si trovava proprio di fronte l'uscita dalla cosiddetta sala di passaggio, all'appartamento inferiore, per intenderci dove è raffigurato il concilio degli dei (sul soffitto) ed il prospetto originario del giardino (sulla parete laterale).

Ma certamente la rappresentazione del Baur non è filologica, infatti scambia la statua di Pandora, che si trovava sotto la seconda loggia da lui raffigurata con la statua di Ercole sdraiato che si trovava nella terza loggia, proprio sopra il viale delle cento fontane. Certamente la raffigurazione è trasfigurata, non era prevista all'epoca infatti una raffigurazione en plein air, e gli artisti dipingevano rigorosamente nei loro studi. Questa libertà è dimostrata anche dalle figure laterali nella cosiddetta fontana dei draghi. Non sono gli atleti o gladiatori raffigurati con estrema precisione in molte stampe od anche in disegni (lo stesso Fragonard li raffigura nel 1760 con estrema cura), ma immagini indistinte presenti sopra piedistalli d'ingresso alla fontana. Anche la raffigurazione di Draghi effettuata dal Baur è, possiamo dire, molto estemporanea; la scelta di un tocco di colore chiaro e l'evidenza di un corpo gonfio toglie ai draghi stessi quell'aura immaginifica di animali leggendari e spaventosi che la raffigurazione scultorea ancora riesce a mantenere oggi.

Il primitivo progetto dedicava questa fontana all'ottava fatica di Ercole, l'uccisione dell'Idra, ma l'opposizione della Controriforma alla passione per i miti pagani che aveva caratterizzato il secolo portò alla trasformazione in Fontana dei Draghi, cosa che avvenne quando papa Gregorio XIII volle visitare la villa nel settembre del 1572; per l'occasione Luigi d'Este (suo zio Ippolito II, il fondatore della villa era già troppo male in salute, morì infatti il 2 dicembre dello stesso anno) incaricò l'ingegnere Orazio Olivieri, esperto in giochi d'acqua, che trasformò la fontana con un gruppo di Quattro Draghi alati (insegna araldica della famiglia del papa, i Boncompagni) posto al centro della vasca in onore del pontefice; così la testa dell'Idra fu sostituita dai draghi e la nicchia che doveva contenere la statua di Ercole rimase vuota. Forse l'Idra che vediamo nell'acquaforte del Venturini posta davanti la Fontana di Pandora proviene da qui. Il mito di Ercole è naturalmente una costante nella villa, infatti la famiglia estense vantava una discendenza da questo eroe mitologico, e qui si voleva esaltare l'uccisione dell'Idra di Lerna, il mostro a nove teste, orrendo, viscido e ripugnante, che viveva in una caverna, forte nell'oscurità e nel fango, debole alla luce e al vento.

Il mostro, che rappresentava una piaga per la campagna circostante, fu attaccato da Ercole che con un colpo di clava gli staccò una testa; ma subito ne crebbero altre due e la cosa si ripeteva ad ogni attacco. Ercole allora sollevò il mostro dal fango e lo portò fuori della caverna, lo espose alla luce ed al vento, cosa che lo rese debole al punto che si accasciò con tutte le sue teste; così Ercole poté tagliare la testa vitale e seppellire il mostro sotto la roccia liberando gli abitanti della zona. E la vittoria dell'uomo sul male. Agli inizi del 1600 fu completata la decorazione della fontana; nella nicchia centrale fu posta la statua, in marmo, di Giove assiso in trono con il fulmine in mano, un Giove tonante in sintonia con gli effetti sonori della fontana, ma Baur lascia la nicchia di fronte la fontana senza alcuna raffigurazione, forse per far risaltare meglio le teste ed i corpi dei draghi da lui raffigurati.

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