Origini del Grand Tour

Iniziata in sordina tra il XVI ed il XVII sec., la pratica del viaggio nell'Europa divenne sempre più intensa e ritenuta necessaria per la formazione della classe dirigente inglese. Al tempo di Luigi XIII e del Re Sole molti viaggiatori francesi, fiamminghi, olandesi, tedeschi, svedesi, russi vennero in Italia. La dizione Grand Tour si ritrova per la prima volta usata nel 1670 nel "Voyage of Italy, or a completa journey through Italy" del cattolico realista Richard Lassels. Il viaggio era intrapreso per conoscere l'arte, la letteratura, la storia, antica e moderna, il teatro, la musica, il commercio e le ragioni diplomatiche, i costumi ed il folclore, le città ed i paesi italiani. Roma fu il baricentro di tali viaggi. Si veniva quindi in Italia per motivi diversi: per omaggiare il Papa, per spiare le nuove tecniche di fortificazione, per studiare le innovazioni apportate dagli artisti nella pittura, scultura, architettura ecc. I suddetti motivi però vennero meno nel XVIII sec..
A partire dal 1720 i britannici vennero a Roma, Firenze, Napoli, Venezia ed in altre città italiane per ammirare il passato e disprezzare il presente. I motivi che portarono al diffondersi di tale moda sono da ricercare nell'accresciuta ricchezza, nella stabilità e rilevanza politica, nel prestigio europeo esercitato da sir Isaac Newton. Tuttavia né il Tiepolo, né lo Juvarra, né il Vanvitelli o il Vittone o il Solimenta (tanto per citare alcuni degli artisti allora in voga in Italia) richiamavano i turisti del Grand Tour i quali, pur visitandola, ignorarono che la Penisola si stava risvegliando culturalmente nel Settecento come dimostravano i pensieri del Vico e di C. Beccaria.


Ingrandisce foto A. Chichi: "Le temple de Vesta
ou de la Sibylle"

Tre artisti italiani lavorarono molto per i grand Tourits britannici: Pompeo Batoni ("il pittore di storia"), il Canaletto (a Venezia), il Piranesi (ritraendo le antichità). I viaggiatori stranieri venivano in Italia per appropriarsi di antichità prestigiose (ma intoccabili essendo per lo più o di proprietà papale o parti di collezioni). Fu così che i visitatori britannici optarono sui nuovi reperti riportati alla luce grazie agli scavi archeologici da loro stessi finanziati e fu così che molte statue giunsero, più o meno legalmente in Inghilterra. Il papato allora corse ai ripari per arginare tale fuga di preziosità: ampliò i musei esistenti e costruì in varie fasi un grande museo in Vaticano ove furono collocate le collezioni più prestigiose vecchie e nuove comprate dal tesoriere del Papa.
Malgrado si creda il contrario, fu abbastanza limitato il numero delle opere di "antichi maestri" che lasciò l'Italia per approdare in Inghilterra prima della Rivoluzione francese e delle guerre napoleoniche.

L'Italia veniva raggiunta via mare da Marsiglia o da Nizza e da qui, attraverso Genova, i viaggiatori stranieri raggiungevano Firenze per visitare poi tutta la Toscana. Spesso sbarcavano a Civitavecchia onde poter dirigersi alla volta di Roma, Tivoli e dintorni e quindi spingersi sino a Napoli. Tra gli stranieri i più numerosi erano proprio i britannici che istituirono il primo codice del Tour stabilendo finalità didattiche, tracce, itinerari, fissando le mete obbligate da visitare. Poco usate erano le vie di comunicazione fluviale ma spesso, attraverso il Po, si raggiungevano Ferrara e Ravenna onde poi pervenire a Padova ed a Venezia. Il viaggio presentava molte incognite da non sottovalutare e tra questi era assillante il problema del banditismo. In genere i viaggiatori stranieri avevano mete ben prestabilite: i francesi ad esempio preferivano Roma e dintorni, i tedeschi ed i nordici invece il sole del Sud e la natura incontaminata, gli inglesi amavano tutte le predette mete e Venezia. La scoperta di Pompei e di Ercolano era un forte richiamo per i visitatori che così si spingevano fino a Paestum ed in Sicilia.
Ma chi erano questi visitatori? Erano artisti, letterati, filosofi, scienziati attratti soprattutto da un'area archeologica eccezionale: quella di Roma, Tivoli, Frascati, Albano e Nemi. I viaggiatori cercavano di assistere alle feste popolari più significative: il Palio a Siena, la festa del Redentore e la corsa dei tori in campo San Polo a Venezia ecc. Il viaggio ottocentesco, molto più simile a quello odierno, si diversificò da quello settecentesco. Le guerre napoleoniche misero fine al viaggio inteso come esclusiva prerogativa degli aristocratici; cambiò, con l'introduzione della locomotiva, anche il mezzo di trasporto usato dai visitatori stranieri; iniziarono a organizzarsi viaggi in gruppo.

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