La Chiesa di S.Pietro alla Carità prima dei restauri del 1725

Il Crocchiante nel libro del 1725 "L'istoria delle chiese della città di Tivoli" riporta una precisa descrizione della chiesa di S.Pietro precedente ai lavori di restauro che si stavano apprestando proprio durante la realizzazione del libro e che terminarono nel 1730.
Lo storico ricorda come la chiesa fu allo stesso tempo parrocchia e colleggiata (una chiesa cioè di una certa importanza, nella quale è istituito un Collegio o Capitolo di canonici, con lo scopo di rendere più solenne il culto a Dio): vi era l'Arciprete con cinque canonici che poi, sotto il cardinal Mariscotti (fine Seicento), furono uniti ai canonici della cattedrale di S.Lorenzo. La chiesa era stata affidata nel 1641 dal cardinal Roma ai Frati del Carmine, presenti a Tivoli fin dal 1590 quando il Vescovo Andrea Croce gli affidò la chiesa di S.Maria del Passo prima e la chiesa di S.Benedetto poi.


Ingrandisce foto Scena della crocifissione - XII sec.

Il Crocchiante descrive un esterno molto simile a quello che vediamo oggi tuttavia accenna alla presenza sulla facciata dei resti di alcune "Sante Immagini" che farebbero presupporre l'esistenza di un antico portico sostenuto dalle colonne ritrovate nel chiostro dei frati carmelitani.
L'interno era diviso, come oggi, in tre navate delimitate dalle colonne in marmo cipollino. Le pareti erano tutte affrescate anche se già al tempo dello storico il degrado degli stessi non ne permetteva l'identificazione. Risultavano ancora in buono stato quelli presenti sulla Tribuna: uno raffigurante il Salvatore in mezzo a S.Pietro, S.Paolo e dodici Agnelli ed un altro, più grande, in cui era rappresentata la città di Gerusalemme dalle cui porte spuntavano due palme sopra una delle quali vi era una Fenice.

Oltre ad una lapide sul pavimento in cui si ricordava come S.Alessandro Papa fosse il protettore della città già ai tempi dell'imperatore Eraclio (575-641), erano presenti diversi sepolcri fra i quali quello dedicato alla famiglia Nicodemi. L'altare maggiore era dedicato alla Beata Vergine del Carmine, raffigurata in un dipinto ad olio che veniva portato in processione una volta l'anno una domenica di luglio.
Dietro l'altare maggiore vi era un'iscrizione in cui si leggeva "Hic requiescit Zoticus martyr". Il Corcchiante riporta anche la notizia di come, essendo incerta in realtà la presenza dei resti di questo martire (S.Getulio Zotico, marito di S.Sinforosa), il Vescovo Fonseca, il 19 ottobre 1724, alla presenza del suo Vicario, di vari canonici e di diversi laici fra cui Mario Crescimbeni (che entrò nel loculo) fece aprire la lapide. Fu trovata una nuova lapide: anche in questa era scrito "Hic requescit Zoticu Mar". Fu sollevata anche la seconda lapide e fu trovata una cassetta di traverrtino in cui erano custoditi i resti del Santo ad eccezione della testa che risultava ad altri storici come il Cardoli essere stata donata dai Canonici della Collegiata ai Padri della Compagnia di Gesù per collocarla nella Chiesa di S.Sinforofa (o del Gesù).


Ingrandisce foto La cripta

Vi erano inoltre altri tre altari minori. Il primo era dedicato a S.Maria degli Orti la cui immagine era riportata all'interno di un tabernacolo di marmo. Il secondo a S.Pietro Apostolo raffigurato da una statua posta all'interno di una cappella dipinta con grotteschi. Il terzo era dedicato a S.Maria Maddalena dei Pazzi.
Anche la cripta presentava affreschi sulle pareti rappresentanti il Salvatore affiancato da S.Giovanni Evangelista e S.Pietro, i simboli dei quattro Evangelisti, altre figure di Santi. Qui vi era un altare dedicato a S.Giovanni Evangelista così come lo storico evince da una scritta "In nomine Domini Amne: Facta est consecratio huius Altaris ad honorem B. Joannis Apostoli, Evangelistae Menfe Vovembris Die XI".

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