La lamina sul dipinto dell'Acheropita

Proprio la consuetudine ripetuta di portare in giro per Roma la sacra immagine del SS.Salvatore senza che venissero prese delle precauzioni per salvaguardarne l'integrità fece sì che con il passare del tempo il dipinto si rovinasse e a nulla valsero i tentativi di restaurarlo per riportarlo all'antico splendore. Fu il pontefice allora in carica a decidere il da farsi. Innocenzo III, al secolo Lotario dei conti di Segni, papa dal 1198 al 1216, il grande pontefice teocratico che bandì la IV crociata, ordinò che l'Acheropita fosse ricoperto fino alle spalle con una lamina argentea dorata proprio al fine di evitare altri danneggiamenti. Una più sostanziale modificazione apportata all'icona avvenne ai primi del XV sec.: furono aggiunti al dipinto due sportelli laterali divisi in formelle con su impresse l'Annunciazione, il Salvatore, il committente ed alcuni santi. Vannozza, madre di Lucrezia Borgia avuta dal pontefice Alessandro VI e quindi nonna del cardinale Ippolito d'Este, nei primi anni del XVI sec. finanziò la realizzazione del catino sovrastante l'Acheropita ma, essendo poi questo asportato durante il saccheggio di Roma, fu sostituito con un altro nel 1550.
Innocenzo III dette impulso ad alimentare il culto della Veronica e dell'Acheropita non soltanto per motivi religiosi ma soprattutto perché l'enorme afflusso di pellegrini permetteva di riaffermare la centralità di Roma.


Ingrandisce foto Dipinto dell'Acheropita

Esecuzione della lamina sul trittico tiburtino

S.Rosa DE Angelis è stato uno dei primi a collegare la realizzazione della copertura argentea del Trittico tiburtino con la storia dell'Acheropita custodita nel Sancta Sanctorum a Roma.
Scarna è la letteratura sulla copertura argentea poiché sia le fonti che la critica moderna si sono sempre soffermate sul dipinto sottostante tralasciando il rivestimento.

In un manoscritto del XVI sec. G.M. Zappi dice che il Trittico era custodito nell'antica cattedrale medioevale (quindi prima della ricostruzione del Duomo voluta dal Card. Giulio Roma nel 1640) all'interno di un armadio i cui sportelli erano in parte dipinti e dorati. Solo nell'Ottocento si capisce il valore della copertura argentea ed il Sebastiani la descrive minutamente. A. Rossi sostiene in base all'analisi stilistica che la copertura fu realizzata in due momenti: tutti e tre i pannelli sono stati eseguiti dallo stesso artista ed eseguiti prima del 1435 finanziati da Caterina Ricciardi, come è scritto nell'iscrizione ripetuta due volte al termine dei due pannelli laterali "HOS DOMINA FIERI FECIT CATERINA RICCIARDI". Il semicatino fu eseguito invece nel 1449 ed è opera di un artista veneto o d'oltralpe infatti alla base della calotta è iscritto " REFORMATIO HUIUS IMAGINIS FUIT TPR PORATUS DNI ANTONII SCESIS CANCI TBRTINI ADF.1449".


Ingrandisce foto Particolare del viso

Silla Rosa De Angelis arriva invece ad un'altra conclusione: il Trittico avrebbe avuto precedentemente una copertura limitata al pannello centrale (eseguita forse nel 1234 per la consacrazione della Cappella ad opera di Gregorio IX ed in risposta alla copertura fatta eseguire da Innocenzo III sull'Acheropita) rivestendo il Cristo fino alla spalle (come nella lamina dell'Acheropita), successivamente con il finanziamento della Ricciardi furono fatti le lamine dei tre pannelli ed il catino;

nel 1506, sempre secondo il S. Rosa De Angelis, sarebbero stati aggiunti l'alzato del catino e le statuine, realizzate dall'orafo di Giulio II, maestro Sante di Roma. Le sue ipotesi sono state confermate dall'ENEA che ha eseguito delle analisi sulle leghe confermando che sono stati riutilizzati nella copertura attuale i resti della lamina medievale. Alla munificenza della Ricciardi si attribuisce il rivestimento argenteo "in toto" poiché, pur morendo prima del 1449, avrebbe lasciato un lascito per completare l'opera. La copertura argentea è costituita da tre pannelli ricoprenti le tavole sottostanti e da una semicalotta cuspidata. Il fondo di quest'ultimo è quadrettato con decorazioni a rosette, arricchito al centro da un fiorellino dorato. Il SS.Salvatore ha una tunica liscia ed un pallio recante cesellature; sul libro che regge con la sinistra si legge "QUI SEQUITUR ME NON AMBULAT IN TENEBRIS SED HABEBIT LUMEN VITE IN ETERNUM" (chi mi segue non cammina nelle tenebre ma avrà la luce della vita in eterno). La mano destra benedice. Il nimbo dorato è impreziosito da gemme che si ritrovano sul petto, sulla scollatura della veste e sul bordo della manica destra. Un gioiello con gemma in cristallo è appeso alla placchetta dorata sul petto. Le valve ai lati sono divise ciascuna in quattro formelle: nel primo registro i quattro Evangelisti; nel secondo l'Annunciazione; nel terzo in alto S.Pietro, S.Paolo ed in basso S.Lorenzo e papa Alessandro. La parte terminale dei due ultimi registri è quadrettata e decorata anch'essa con una rosetta dorata. La lamina del Trittico presenta alla base una raffigurazione di sei confratelli inginocchiati, tre da una parte e tre dall'altra, in direzione del volto del Salvatore. La calotta sovrastante cuspidata, in argento ed in argento dorato, raffigura il sole, la luna e le stelle; la parte sovrastante del catino è decorata a losanghe delimitata da rosette e racchiude una stella a sei punte; gemme vitree e stelle ornano il bordo della calotta. Ai lati della fronte del catino sono delle torri in rame con decorazioni ispirate a chiese gotiche. Nella fascia ornamentale delimitata da due rosoni in alto sono ricavate cinque nicchie ogivali in cui sono collocate statuine rappresentanti S.Pietro, S.Paolo, S.Lorenzo, S.Alessandro e S.Giovanni Battista (l'allora priore della confraternita Giacomo de Veteribus le commissionò al predetto orafo di papa Giulio II, il maestro Sante da Roma).

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