La leggenda

La leggenda, che Jacopo da Varagine narra nel corso del XIII sec., ripropone in versione cristiana racconti del mondo occidentale ed orientale. A Placido, generale romano al seguito di Traiano (dinastia senatoria o "degli imperatori adottivi"), mentre era impegnato in una caccia sul predetto monte, sarebbe apparso tra le corna di un cervo bianco il volto di Cristo inserito in una croce luminosa. Sconvolto dall'apparizione, Placido, tornato a casa, avrebbe riferito a sua moglie che per tutta la notte in sogno aveva visto un uomo che lo sollecitava a battezzarsi insieme a tutti i membri della sua famiglia.

Santuario della Mentorella
Ingrandisce foto Santuario della Mentorella

Così il giorno seguente Placido, insieme ai suoi, sarebbe andato dal vescovo che li avrebbe battezzati imponendo loro dei nuovi nomi: Placido si chiamò Eustachio (colui che dà buone spighe),sua moglie ricevette il nome di Teopista (credente in Dio) ed infine ai due suoi figli furono imposti i nomi di Teopisto e Agapito (colui che vive nella carità).

Qualche giorno dopo il battesimo in seguito ad un’epidemia che gli uccise tutti i suoi servi ed i suoi animali, Placido-Eustachio sarebbe fuggito verso l’Egitto ma, durante il viaggio, avrebbe smarrito sia la moglie che i figli. Sembra che per circa quindici anni visse in un villaggio dimenticato.

Intanto Traiano, impegnato a guerreggiare con i barbari, pensando che il generale potesse essergli di aiuto, mandò alcuni suoi uomini a cercarlo. Lo individuarono per via di una cicatrice sulla testa che Placido-Eustachio aveva contratto in precedenza in guerra.
Così tornò a combattere per il suo sovrano; dopo varie vicende, per caso rintracciò i figli e la moglie. Con loro andò a Roma per celebrare il trionfo ma questo ritorno fu per lui funesto: infatti a Traiano era subentrato Adriano.

Quando quest’ultimo apprese che Placido, convertitosi al cristianesimo, si rifiutava di adorare gli idoli pagani comandò di darlo con la sua famiglia in pasto ad un leone che invece per miracolo non solo non li sbranò ma si allontanò da loro. Stizzito per l’evento, l’imperatore li fece rinchiudere in una statua bronzea a forma di toro, che fu posta sul fuoco. Gli sventurati morirono ma i loro corpi rimasero integri.

 

 

 

 

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