Il Castrum Marcellini

I castra (castelli) sorsero alla fine del IX sec. e si moltiplicarono nel X per far fronte alla scorrerie saracene e magiare; erano fortificazioni che furono edificate non solo intorno alle città ma anche per offrire un rifugio alle popolazioni rurali che oltre alle invasioni predette dovevano fare i conti anche con il brigantaggio.
Il castrum era diretto da un Signore ed in sua assenza da un vice-comes; il feudo ecclesiastico era invece gestito dal vescovo o dall’abate tramite un suo delegato che prendeva il nome di Castellanus in quanto il predetto feudo veniva chiamato Castellania (altro non era se non una Signoria di origine ecclesiastica). La popolazione rurale in caso di pericolo si rifugiava nel castello fortificato del Signore dove lui dimorava. Anche i villaggi si trasformarono in castelli se il vescovo o l’abate o il Signore li fortificavano. Il Castrum Marcellini nacque così essendo nel XII sec. Signore Gregorio De Marcellinis.

Resti del castrun marcellini
Ingrandisce foto Resti del Castrum Marcellini

I ruderi del Castelluccio in località Collevecchio altro non sarebbero se non i resti del predetto castrum, costruito all’epoca del IX-X sec. come si evince dal citato documento del 1153 in cui si parla sia dell’Abbazia sia del Castrum.
Nel XIII sec. esso dalla famiglia De Marcellinis passò in proprietà ai Monaci di S.Paolo fuori le mura per effetto delle Bolle dei papi Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX;

tale cessione, contrastata per molto tempo dai figli di Gregorio De Marcellinis, fu attuata da quest’ultimo il quale, credendo che nel Mille ci sarebbe stata la fine del mondo (interpretando male come molti un passo dell’Apocalisse) cedette, per vivere nel chiostro gli ultimi anni della sua vita, i suoi beni alla Chiesa.
In seguito a molte lotte e divergenze con gli eredi De Marcellinis il castrum Marcellini fu incendiato nel 1220 dai Monaci di S.Paolo fuori le mura e la popolazione, per essere difesa, andò in parte nel castello di S.Polo e in parte presso l’Abbazia di S.Maria in Monte Dominici; poi però questi stessi monaci si accordarono con i discendenti del De Marcellinis indennizzando Arcione, investendo nuovamente suo fratello Romano del feudo di Lunghezza (ancora visibile sulla via Tiburtina) e rinunciando al possesso delle terre e del castrum restaurato dagli stessi monaci dopo l’incendio da loro appiccato.
A spingerli ad una tale risoluzione furono anche le lotte con la ghibellina Tivoli alleata di Federico II, stanziato a Ponte Lucano, la quale non tralasciava occasione per mettere le mani sulle proprietà della Chiesa ed allargare il proprio territorio.

Abbazia di S.Maria in Monte Dominici
Ingrandisce foto Abbazia di S.Maria in Monte Dominici

I Marcellini tennero il feudo fino al XIV sec. quando cioè lo cedettero nel 1392 ad Orso Orsini; agli Orsini, di parte guelfa, per i servigi resi alla Chiesa furono da essa ampiamente ricompensati con vari castelli tra cui S.Polo dei Cavalieri.

Il papa Bonifacio IX nel 1391 in perpetuo donò come ricompensa al conte di Tagliacozzo, Giacomo Orsini, il castello di S.Polo, la diocesi di Tivoli, S.Maria in Monte Dominici, Turrita, Marcellina ma tale investitura poi non fu più eseguita per vari motivi e tali proprietà tornarono di possesso al Monastero di S.Paolo fuori le mura ma di fatto continuarono ad essere sotto la signoria degli Orsini, che, in assenza dei papi, si contendevano in Roma la signoria della Città e l'effettivo potere delle cariche pubbliche con i Colonna. Gli Orsini tennero il loro dominio su Marcellina fino al 1558 anno in cui, per necessità di denaro, insieme a S.Polo dei Cavalieri, Turrita, S.Maria in Monte Dominaci fu venduta al card. Federico Cesi Aquitano, che dal papa Giulio II aveva già comprato il feudo di Montecelio per suo nipote. Il cardinale quindi acquistò Monte Albano chiamato poi Collina Cesi mentre i suoi familiari fecero propri tra l'altro S.Angelo Romano. Sotto il dominio dei Cesi Marcellina visse un periodo di lunga pace e di benessere; lo Statuto di S.Polo fu persino modificato per renderlo più in linea con la situazione socio-politica variata; il castello di S.Polo fu trasformato dai Cesi in sontuosa dimora. Gli illustri membri di casa Cesi non disdegnarono di fare molte escursioni sul Monte Gennaro da loro chiamato Monte Giano essendo l'Accademia dei Lincei di cui faceva parte un membro di tale famiglia molto attratta dalla botanica del predetto monte. La pestilenza del 1656 interruppe la serenità di Marcellina che non riacquistò più la primitiva importanza e nel 1678 i Cesi vendettero al Principe Giovan Battista Borghese.

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