Il costume tipico di Montecelio

In occasione della festa di S.Michele Arcangelo le donne e gli uomini indossano i caratteristici costumi del paese: gli uomini il “buttero” (il vaccaro della campagna romana), le donne naturalmente la “vunnella”, un costume che mette in risalto la prosperosa bellezza rispondente ai canoni estetici di tempi lontani: seno turgido e prosperoso, vita stretta, fianchi larghi adatti per procreare. A immortalare le donne di Montecelio con il loro quotidiano costume pensò, ai primi del XIX sec., il Pinelli ma non mancarono acquarellisti che le ritrassero almeno fino al primo trentennio del Novecento. Persino il cinema nella persona del grande regista-attore Vittorio De Sica lo ha ripreso (appare, anche se in una piccola scena, nel film “Anna di Brooklin”). Se le donne di Montecelio oggi non lo indossano più quotidianamente dagli anni Cinquanta del secolo scorso, di certo non tralasciano di farlo in occasione della sfilata di San Michele.
Si deve dire però che esso è più prezioso sia per la qualità delle stoffe adoperate che per gli ornamenti; in pratica sfila il costume che veniva indossato dai ricchi o come vestito nuziale o per partecipare ad avvenimenti di un certo spessore (ad esempio la delegazione montecellese che presenziò al matrimonio dell'allora principe ed erede al trono d'Italia, Umberto di Savoia, con Maria José).

Costume tipico di Montecelio
Donna in "vunnella"
Foto di Feliciano Pirro

Occorre ricordare che in passato due erano infatti i tipi di “vunnella”: quella d'oro e l'altra di maglia fissa. La prima era utilizzata, essendo ricamata in oro, dalle possidenti, la seconda dalle meno abbienti. Si deve sottolineare che i ricami erano eserguiti sempre seguendo disegni tradizionali: per la “vunnella” a maglia fissa, ad esempio, essendo destinata a donne contadine, naturalmente i ricami si ispiravano alla natura.

Ma vediamo in particolare in cosa consiste questo costume incominciando dall'elemento principale che ha dato nome al tutto: la vunnella, una gonna abbastanza ampia, pieghettata e trattenuta in vita da un laccio. Essa, realizzata in seta o in damasco di colore giallo o avorio o azzurro, veniva indossata sopra le sottanili cioé su tre vesti bianche di semplice cotone rifinite in fondo da un merletto. Sotto la vunnella la donna indossava i fianchitti, un mezzo abbastanza ingegnoso per aumentare artificialmente la larghezza del bacino utilizzando pezzi di stoffa arrotolata. Altro indumento avente la stessa finalità era il curduale, ossia una veste corta. Sulla vunnella invece si poneva lo zinale, ossia un grembiule ricamato in oro (se faceva parte del costume di una benestante) o in tulle (se era di una povera). Esso, arricciato, ricopriva solo la parte anteriore della gonna. Il tronco della donna era invece coperto dal corpittu, ovvero una camiciola bianca in raso molto adatta per mettere in mostra il décolleté, impreziosita da trine che guarnivano la scollatura e i puzzini (i polsini) ricamati in oro come il corpetto. Il compito di sostenere il prosperoso seno e a ridurre la circoferenza della vita è affidato invece al vustu (busto) in colore contrastante e guarnito da passamaneria.

Costume tipico di Montecelio
Costume tipico di Montecelio
Foto di Feliciano Pirro

La centa (cinta) invece era realizzata in seta e non era altro che una fascia atta a sottolineare la vita della donna; una preziosa spilla d'oro la fissa sul davanti. Un'altra spilla d'oro adornava il centro della pettina anch'essa ricamata in oro e ornata da trine. La pettina era di cotone ma spesso era associata ad un'altra in damasco; entrambe erano di forma rettangolare e, tramite le spalline del vustu, veniva fissata sulle spalle della donna.

Sempre di forma rettangolare e in cotone, anch'esso ricamato in oro e bordato con trine, era il fazzolittu 'n capu (fazzoletto sul capo). Era indossato solo dalle maritate ed era accuratamente inamidato. Trattenuto da uno spillone con perla, copre la testa e la nuca della donna fino a lambire il fazzolittu 'n collu (fazzoletto in collo). Quest'ultimo di cotone inamidato e di forma triangolare era bellissimo e rappresentava senza dubbio l'elemento della vunnella più appariscente per la quantità di ricami in oro e di merletti che lo ornavano. Posteriormente l'apice del triangolo era, tramite uno spillone, tenuto fermo alla vita della donna, mentre anteriormente era affidato al busto (in cui venivaono inserite le due cocche) il compito di impedire che si muovesse. Ultimo elemento infine del costume era la cartonella che guarniva il collo all'altezza dell'attaccatura dei capelli; consisteva in un cerchio di cartone di piccole dimensioni foderato con la stessa stoffa con cui era realizzata la cinta; in esso erano infilati i capelli della donna. Uno spillone a fiore li fissava. A completare la vunnella erano gli ori: orecchini d'oro lunghi, anelli, perle scaramazze, più giri di una lunga catena d'oro al collo, un collino con pendente.

Nei dintorni

Approfondimenti

    Le guide di Tibursuperbum

    Con il patrocinio del Comune di Tivoli, Assessorato al Turismo

    Patrocinio Comune di Tivoli

    Assessorato al Turismo