Montecelio e la Rocca dal XIII al XIX sec.

Da un documento pontificio, per la precisione un'epistola di Giovanni XXIII apprendiamo che nel 1330 il feudo apparteneva a un certo Giovanni Capocci. Quindi Bonifacio IX se ne riappropriò nel 1392 e lo assegnò al monastero di San Paolo a Roma. Successivamente subentrarono gli Orsini, i Della Rovere, i Cesi. Il paese continuò ad ingrandirsi secondo il predetto schema a spirale e, sempre con finalità difensive, fu edificato a partire dal Quattrocento un insieme di case-torri quadrate poste all'imboccatura del paese. Essendo papa Eugenio IV il feudo fu occupato arbitrariamente; le truppe pontificie guidate dal cardinale Vitelleschi riuscirono ad impadronirsene ristabilendo i diritti papali a conferire il feudo a chi voleva. Fu così che fu concesso nel 1438 al conte di Tagliacozzo, Giovanni Orsini il quale ricevette anche il Monte Albano (seconda altura locale). Dopo soli sette anni però il feudo rifece di nuovo parte del ricco patrimonio di S.Pietro; quindi passò nel 1492 a Giovanni Battista Orsini per decisione del potente papa Alessandro VI, padre di Cesare e Lucrezia Borgia, due rampolli potenti e pericolosi come è noto.

Scorcio centro storico
Ingrandisce foto Scorcio centro storico

All'Orsini il feudo fu sottratto di nuovo nel 1508 da Giulio II per un atto di nepotismo: infatti il pontefice lo regalò al suo prediletto nipote, Nicolò della Rovere. Quest'ultima famiglia, che quindi poteva disporre in perpetuo del feudo di Montecelio grazie al dono predetto, lo mise in vendita e nel 1550 fu acquistato dal cardinale Federico Cesi. Desideriamo spendere due parole su questa famiglia che tanto influì sulle vicende storiche di Montecelio (e non solo).

I Cesi, originari dell'Umbria, erano una famiglia piuttosto potente che si erano inoltre messi in evidenza ancor più in seguito alla nomina a cardinale di due loro membri: Paolo Emilio, avente l'incarico di protonotario apostolico, e Federico, eccellente giurista ed amante delle arti. La potenza dei Cesi era testimoniata dalla vastità dei loro beni immobili e dalla sontuosità delle loro dimore. A Roma ad esempio avevano uno splendido edificio presso i portici di Borgo Vecchio in cui era custodita un'infinità di statue reperite qua e là tramite la spogliazione delle antiche ville romane. I Cesi furono tra i primi a collezionarle. Altra magnifica dimora era quella che possedevano a Todi; quando nel XVI sec. si impossessarono del feudo di Montecelio, nel 1558 di San Polo dei Cavalieri, nel 1590 di Cappadocia, il loro potere, unito alla loro diretta presenza sul territorio vicino a Roma, crebbe. A Federico II si deve la fondazione a Roma nel 1603 dell'Accademia dei Lincei. Fatta questa breve delucidazione, riprendiamo l'argomento iniziale che abbiamo lasciato in sospeso.

Arco di S.Maria Nuova
Ingrandisce foto Arco di S.Maria Nuova

Nel 1553 la Rocca subì gravi danni da parte delle truppe spagnole per ordine di Giulio II, ma ancora una volta, come la fenice che rivive dalle sue ceneri, l'antica fortezza fu ricostruita anche se poi iniziò di lì a poco la sua decadenza. Intanto il paese di Montecelio si ingrandiva sempre più a causa dell'aumento degli abitanti che si verificò in modo rilevante soprattutto nel Rinascimento in concomitanza con la costruenda basilica di San Pietro a Roma.

Quest'ultima, il cui finanziamento causò lo scandalo delle indulgenze e quindi la Riforma e la Controriforma, richiese un'enorme quantità di travertino romano per cui fu riaperta l'antica cava del Barco, ma furono anche riattivate le cave delle Fosse e delle Caprine. Occorreva però mano d'opera, per cui molti cavatori, giungendo da paesi più o meno lontani per lavorare, vennero ad abitare a Montecelio anzi per essere esatti a Monticelli, come allora si chiamava l'insediamento. L'incremento demografico continuò nel XVII e XVIII sec. per cui il paese cominciò ad espandersi sia verso Monte Albano (seconda collina) che nella pianura posta tra la prima e la seconda collina. Detta espansione, che si registrò anche successivamente, determinò la formazione dell'inusuale pianta bipolare dell'insediamento ancora presente. La Rocca, come asseriva nel 1631 Federico III Cesi, era però in uno grave stato di degrado per cui egli si rivolse al popolo per reperire i materiali necessari a ripristinare il complesso.
Nel 1678 ai Cesi subentrarono i Borghese che ne restarono proprietari fino al 1809 anche se non “in toto”. La Rocca tuttavia durante il XVIII sec. registrò un grave stato d'abbandono ed un declassamento a magazzino; sempre in questo secolo un improvviso cedimento della struttura causò la perdita della "sala del papa”, realizzata come precedentemente detto al tempo di papa Eugenio III fuggito da Roma. Proprio alla fine di questo secolo, al fine di reperire acqua potabile, vista la richiesta dovuta all'incremento demografico a cui prima si è accennato, si decise di creare due grandi cisterne, atte a conservare l'acqua piovana, realizzandole proprio lì dove erano i resti dell'antica costruzione.

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