Il periodo Medioevale

Con l'inizio burrascoso e drammatico della discesa dei barbari che portarono alla definitiva crisi l'Impero Romano d'Occidente creando uccisioni e saccheggi, anche i trebulani, come tante altre popolazioni, abbandonarono Trebula, poco difendibile, per arroccarsi su un rilievo maggiormente difendibile: il vicino colle Caecilianum (il termine deriva dai proprietari, i Caecilii).
Fu così che nell'Alto Medioevo assistiamo al formarsi di villaggi (in toto una quindicina) sorti intorno ad una chiesa o a un casale o semplicemente sulle rovine di ville romane o in punti idonei a sfruttare le risorse locali (boschi, pascoli, campagna, vigneti, cave di pietra, acqua, ecc).
Tali comunità, costituite da contadini o boscaioli o vaccari o soldati o artigiani specializzati erano ubicate nei seguenti fondi: "Sant'Eleuterio" (radunatisi intorno alla chiesa di Sant'Eleuterio abitarono nei ruderi della villa romana sita in località Grottoni); "Miniano"(probabilmente costituito dai contadini di Sant'Eleuterio); "Capra molente"(con la chiesa di sant'Anastasio); "Castaniola"( erano boscaioli che vivevano proprio del commercio del legno dei castagni e del bosco del territorio trebulano); "Baccareccia" o "Vaccareccia" (termine etimologicamente derivante dall'allevamento di bovini, erano allevatori di buoi e mucche per cui commerciavano con tutti i prodotti derivati dall'allevamento); "Orilliano"(stazionavano intorno alla chiesa di Santa Cecilia e vivevano di agricoltura); "Asperta" (radunati presso la chiesa di San Pietro Apostolo presso Sambuci, eranocavatori di pietra); "Burbano" o "Bovarano" (termine etimologicamente derivante dai bovari che vi risiedevano; allevavano sia buoi da macello che da tiro); castello o "Rocca"(vi vivevano soldati saraceni arroccati in questa semplice ed unica torre ubicata presso il torrente Giovenzano; vivevano di rapine ai danni dei passanti); "Civitas Noae" o "Città Nuova"(erano stanziati sui resti della villa romana dei Lucili);

Scorcio centro storico
Ingrandisce foto Scorcio del centro storico

Rocca d'Elci (in questa roccaforte stazionavano militari al servizio del signorotto di passaggio);"Vigilianum"(termine etimologicamente derivante dai militari che sorvegliavano la zona della Valle Maggiore); "San Valerio" (erano contadini tiburtini e goti che forse erano i più ricchi tra le quindici comunità. Facevano capo al Vescovo Tiburtino); "Colle Ferrari" (radunati intorno alla chiesa di San Magno erano artigiani greci bizantini specializzati nel lavorare i metalli); "Ponticello"(stanziati intorno alla chiesa di San Giovanni, vivevano con il lavoro dei mulini sfruttanti le acque che scendevano dalla Vulturella).

Tali comunità operarono, sembra, fino ai primi del XII secolo giacché non furono più protetti dai Tiburtini impegnati a difendersi da Roma, desiderosa di mettere fine, distruggendola, al crescendo prepotere dell'antica Tibur, da infinito tempo sua rivale. Tivoli infatti diveniva economicamente ogni giorno più ricca imponendo pedaggi a persone e cose (dirette a Roma) transitanti nel suo territorio dall'antico Sannio e non solo per la Via Marsicana oggi Via Valeria.
Per distruggere Tivoli, Roma intendeva fiaccarla distruggendo anche le comunità limitrofe. L'allora Vescovo di Tivoli, Cardinale Guido (1125 - 1154), venuto a conoscenza delle intenzioni dei Romani, prese una coraggiosa decisione: messosi d'accordo con le autorità cittadine e con il popolo, senza però fare insospettire Roma, invitò tutti i Tiburtini, residenti in campagna, a trasferirsi in città e, per alloggiarli, furono costruiti nuovi borghi. Furono inoltre iniziate grandiose opere murarie per dare lavoro a tutti: furono rinforzate le mura, fu modificato il corso del fiume Aniene, furono costruite torri, chiese e palazzi. Il Vescovo invitò a rifugiarsi al sicuro dentro Tivoli anche le genti dei predetti villaggi ubicati nelle valli vicine al Passo della Fortuna ma quest'ultime non tutte accettarono l'invito per non abbandonare le loro terre.

Scorcio del Castello Theodoli
Ingrandisce foto Scorcio del Castello Theodoli

Alla fine, dopo un'assemblea plenaria, molti villaggi decisero, verso il 1130-40, di riunirsi intorno alla rocca dei saraceni nel fondo chiamato "Ciciliano"; Fu in quell'occasione redatto un atto di fondazione poi sottoposto all'appropvazione sia del Vescovo tiburtino che dell'Abate sublacense. Da queste comunità,fusesi per libera scelta, sarebbero nati i Ciciglianegli, che diventarono un popolo solidale anche nei momenti più difficili. I villaggi invece che non aderirono né all'invito del Vescovo di Tivoli (di rifugiarsi nella città tiburtina) né al predetto sodalizio, furono distrutti. Solo quando la situazione politica peggiorò i Ciciglianegli accettarono la protezione dei potenti che di volta in volta si alternavano sulla scena politica.

Nel periodo medievale, e per la precisione tra il Mille ed il 1100, anche il territorio dell'odierna Ciciliano conobbe le lotte che videro contrapporsi Subiaco e Tivoli in quanto il papato sottraeva possedimenti alla curia tiburtina per darli all'abbazia benedettina sublacense. Da tali lotte riuscì ad avere la meglio il monachesimo benedettino sublacense che si impegnò a ricostruire la città di Trebula distrutta e divenuta fin dal 1052 di sua proprietà. Il paese però non fu più chiamato Trebula ma Ciciliano o erroneamente Bicilianum e ciò è testimoniato dall'iscrizione di una lapide conservata in uno dei chiostri del monastero benedettino di Santa Scolastica a Subiaco. In tale lapide, voluta dall'allora abate Umberto (designato dal pontefice Leone X a governare l'abbazia sublacense), sono elencate tutte le proprietà appartenenti alla predetta abbazia e tra esse compare anche il nome di nome di Bicilianum che chiaramente è un lapsus. Tuttavia, se si consulta la medievale storia di Tivoli presente sul nostro sito e sviscerata minuziosamente, apprendiamo che la rivalità tra l'abazia sublacense e la curia di Tivoli (e quindi tra Subiaco e Tivoli) continuò ancora a lungo e determinò la costruzione di rocche elevate sulla sommità dei monti e ben presto abbandonate (fine Trecento) con la fine dell'ostilità od essendo venute meno le motivazioni della loro edificazione. Tra tali incastellamenti ricordiamo la Rocca d'Elci ed il Castrum Morellae.

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