Le acque albule dal Rinascimento al XIX secolo

La zona delle acque albule rimase paludosa finché il Cardinale Bartolomeo de La Cueva (italianizzato Della Queva) non fece realizzare un canale di scarico delle acque, dalle sorgenti fino al fiume Aniene; in tal modo così riaprì il canale di deflusso. In seguito lo stesso Cardinale d’Este fece costruire le sue terme, i cosiddetti Bagni Vecchi, un grande recinto della superficie di circa tre ettari; fu lui a provvedere all’inalveamento delle acque (per eliminarne lo straripamento) ed a dar via ai primi sondaggi. Ippolito II d’Este, il grande realizzatore della splendida Villa d’Este, era di salute piuttosto cagionevole; anche lui utilizzò le acque sulfuree per curarsi così come gli era stato consigliato da Anton Musa Brasavola, docente dell’Ateneo di Ferrara e medico di Francesco I.

Il Lago Regina
Ingrandisce foto Il Lago Regina

Anche il Papa Sisto V (al secolo Felice Peretti) si interessò delle Acque Santissime. Dobbiamo aspettare però il XIX secolo per vedere divulgate ufficialmente in campo medico l’utilità delle Acque Albule e le loro applicazioni:

un tiburtino, il dottor A.Cappello nel 1837 redasse un trattato in merito alle virtù di tali acque (“Ragionamento sui bagni minerali presso Tivoli”) capaci di curare molte malattie tra cui quelle della pelle, delle vie urinarie, delle “discrasie umorali”.
Furono in tal periodo restaurati persino i Bagni Vecchi e ciò fu dovuto all’interessamento di un altro illustre tiburtino, V.Mancini, il quale era il legittimo proprietario del terreno su cui sorgevano le “bianche acque”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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