Il travertino nel Rinascimento e nel Barocco

L'utilizzo della pietra tiburtina riprese ad essere riutilizzata alla grande dopo il 1497 fino al 1503 sotto il pontificato di Alessandro VI Borgia in concomitanza con l'arrivo del Bramante a Roma dove si stabilì. Con il Bramante il travertino raggiunse il suo apice; esso fu utilizzato da tutti gli architetti del Rinascimento e del Barocco. La cava del Barco a Tivoli, quella da cui gli antichi romani avevano tratto il lapis tiburtinus per realizzare le prestigiose costruzioni e poi successivamente chiusa per vari motivi (costo estrattivo troppo caro, moda edilizia cambiata ecc.), fu riaperta per fornire le enormi quantità di materiale richiesto per l'edificanda chiesa di S.Pietro anzi si provvide ad aprire anche altre due cave tiburtine: quella delle Caprine e quella delle Fosse dalle quali si estraeva travertino di migliore qualità.

Basilica di S.Pietro
Ingrandisce foto Basilica di S.Pietro

A Fiano Romano si estraeva nella cava detta di S.Sebastiano, situata anch'essa non molto lontana dal Tevere che veniva sfruttato per far giungere i blocchi a Roma, del travertino di colore un po' verdastro utilizzato per costruire la Sacrestia di S.Pietro. Il papa Leone X provvide ad indennizzare la città di Tivoli per l'enorme scavo effettuato nel suo territorio.

Tra gli splendori allora realizzati in travertino a Roma non può passare sotto silenzio la barocca facciata del S.Carlino alle Quattro Fontane (F.Borromini), la facciata della chiesa dei SS. Luca e Martina, la splendida Piazza del Popolo. Tuttavia poiché il ricorso all'uso del travertino comportava un onere piuttosto pesante si iniziò a privilegiare una nuova architettura dove le pareti murarie con paramento di mattoni in vista (esempio a Roma: Palazzo Farnese) si ponevano in contrasto con abbellimenti architettonici di peperino. Lo stesso Bramante, inizialmente pittore, ideò di simulare il travertino ricorrendo a mezzi più economici come la malta, l'intonaco e lo stucco.

Fontana di Trevi
Ingrandisce foto Fontana di Trevi

Da allora anche per edifici importanti iniziò la consuetudine di utilizzare al minimo l'impiego del travertino tanto costoso, riservandolo alle parti più soggette ad usura, e di ricoprire il resto con intonaco dipinto a "finto travertino" e per simulare ancor di più il tutto sia sulla pietra che sul finto intonaco veniva passata una speciale colla tinteggiata.

Tra Cinquecento e Seicento tuttavia almeno le facciate delle chiese, avendo dei mezzi economici a disposizione, continuarono ad essere realizzate in travertino. Pietro da Cortona, il Bernini, il Borromini lo impiegarono nelle costruzioni da loro progettate; il Bernini utilizzò il travertino come roccia, come natura nelle spettacolari fontane di Piazza Navona. Sulla sua linea continuò l'accoppiata travertino-acqua anche nel Settecento basti pensare al trionfo di questa pietra nella Fontana di Trevi. Nel neoclassicismo invece il travertino fu criticato da vari personaggi; tra questi occorre ricordare Stendhal secondo il quale Roma sarebbe stata più bella se si fosse impiegata al posto di "una pietra con buchi"(il travertino) il marmo di Pola o la pietra usata a Lione e ad Edimburgo. Con la proclamazione di Roma capitale nel 1870 si riaccese l'amore per il travertino (Palazzo di Giustizia meglio noto come Palazzaccio; l'esedra di Piazza della Repubblica). Secondo alcuni il Vittoriano sarebbe stato più bello se fosse stato realizzato in travertino e non come è

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