La fama delle villeggiature tiburtine

Le bellezze naturali tiburtine hanno sempre trovato, soprattutto nel passato, estimatori che le hanno citate, cantate, osannate nelle loro opere e le hanno scelte per edificarvi splendide dimore (ci limiteremo però a compiere solo un rapido ragguaglio del periodo imperiale romano).
Dionigi di Alicarnasso, nel V lib. di “Antichità romane”, descrive il precipitare dell’Aniene nella sottostante pianura; Stradone nel V lib. della sua “Geografia” si sofferma anche lui sul salto, a quel tempo naturale, dell’Aniene; Properzio (in “Elegie: Cyntia”,lib. III el.15), Ovidio (in “Amori”lib.III eleg.6), Stazio (in “Selve” lib.I carme 3), riportano nelle loro opere la descrizione del fiume tiburtino” che, precipita con turbine immane fra le sue rive…” (Silio Italico).
Anche Pomponio Mela, nel “De situ orbis”lib. IV, parla dell’Aniene nella sua imponenza a Tivoli. Con il fiume erano famosi il tempio circolare di Vesta con le sue colonne corinzie, le sottostanti grotte bellissime con le imponenti stalattiti (in una delle quali viveva la Sibilla), il lucus Tiburni (il bosco sacro di Tiburno), la vegetazione palustre ed il canto degli uccelli che ospitava, il sottofondo canoro dello scorrere delle acque.


Ingrandisce foto Resti della Villa di Orazio

Davanti a tali scenari Manlio Vopisco aveva edificato la sua villa e qui a mezza costa sul pendio che sovrasta la sottostante Valle dell’Inferno avevano trovato posto le splendide ville di Quintilio Varo, di Orazio, di Catullo, di Cinzia, la donna di Properzio la quale amò tanto Tivoli (l’antica Tibur) da voler esservi sepolta.

Augusto poi, secondo quanto afferma Svetonio, in “Augusto”.72, amava particolarmente venire nella nostra città; si sdraiava in lettiga, si godeva la serenità di un viaggio che durava due giorni (tanto occorreva da Roma per giungere a Tivoli) e, una volta arrivato, vi dimorava per qualche giorno. Sempre Svetonio sostiene che l’imperatore Caligola si vantava di esserci nato, tanto era la fama dell’antica Tibur! C’era poi la credenza che l’aria di Tivoli sbiancasse i denti per cui molti vi venivano in villeggiatura per questa ragione.
Tale teoria risale al I sec. d.C.: Marziale in Ep.IV,62 ed in Ep. VII, 13 fa menzione di una donna, una certa Licoride, che sarebbe venuta a soggiornare a Tivoli perché l’aria tiburtina avrebbe avuto la virtù… di sbiancare i denti anneriti dall’età !


Ingrandisce foto Lago Regina - acque albule

Il poeta dice che tale credenza (l’aria avrebbe avuto un effetto sbiancante a causa delle acque albule presso cui Agrippa aveva costruito le Terme) non risultò vera poiché secondo lui Licoride sarebbe tornata a Roma con i denti ancora più neri; sappiamo tuttavia che la donna continuò a tornare a villeggiare a Tivoli essendo convinta del contrario.

Si veniva a villeggiare a Tivoli per il bellissimo contrasto dei colori e delle linee tra la rigogliosa coltivazione agreste e la simmetrica vegetazione delle ville urbane, dei boschi di caccia, delle case coloniche sparse (abitate dagli schiavi e dai contadini); si veniva anche per godere del clima che era fresco in estate e temperato in inverno (così almeno sostenevano Simmaco, Orazio, Catullo, Marziale).
Orazio nelle sue “ Odi”lib.III descrive la “Tibur supinum”,Tivoli che si estende supina; Stazio in “Silvae”I,3 descrive con meraviglia la bellezza della villa di Manlio Volpisco perfettamente inserita ed integrata nelle bellezze della natura e nella quiete. Nel 105 di Cristo, questi luoghi paradisiaci furono sconvolti da un’inondazione: Plinio il Giovane dice che l’Aniene “subruit” (screpolò) i monti ed abbatté le case; ma tale calamità non diminuì le bellezze naturali e si continuò a venire a villeggiare a Tivoli, ad edificarvi splendide ville. Nel 395, siamo ormai in pieno cristianesimo, Aurelio Simmaco, scrivendo ad Attico, si vanta di essere entrato in possesso a Tivoli di una villa molto antica e posta in ottima posizione; il che sta ad indicare che il soggiornare nell’antica Tibur era molto appetibile.

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