La Villa di Manlio Vopisco

Inglobati nel Parco di Villa Gregoriana sono i resti di una villa romana risalente al II sec. d. C..
Essendo consoli a Roma Quinto Ninio Asta e Publio Manilio Vopisco nell'867 dalla fondazione della città (corrispondente al 114 dell'era cristiana), dal genitore di Vopisco fu infatti edificata a Tivoli una villa di cui il poeta Stazio ci dà conferma nelle sue Sylvae, I, 3.
Questa lussuosa villa era tanto spaziosa che si estendeva dall'attuale ingresso di Villa Gregoriana fino all'ex albergo Sirene; le fonti antiche infatti ci dicono che la dimora era abbastanza articolata ed estesa. Il terreno era attraversato da un canale di acqua, proveniente dal vicino Aniene, che la divideva in due parti: una era posta all'interno di Villa Gregoriana mentre l'altra era situata appunto vicino all'ex hotel Sirene.


Ruderi della Villa di Manlio Vopisco

La scelta del luogo ove edificarla fu influenzata dal fatto che qui si estendeva il bosco sacro di Tiburno, qui c'era la grotta della Sibilla, qui si ergevano i templi magnifici ed imponenti dell'Acropoli.
Dagli studi compiuti alcuni sostengono però che la villa non sarebbe stata costituita da due ma da tre aree, attraversate dai canali Stipa e Chiavicone o Vopisco i quali erano una specie di valvola di sfogo quando l'Aniene era in piena. Lo Stipa dà luogo alla "cascata del Bernini" (da Luigi Bernini che nel 1669 ristrutturò il canale di origine romana). Il poeta Stazio nella sua opera, "Sylvae", considera un'attrattiva della villa di P. Manlio Vopisco il fatto di essere fornita di acqua potabile dall'Acqua Marcia.
Interessante a tal proposito è la fistola trovata in piombo. Nella villa infatti, nel corso delle esplorazioni, è stato rintracciato un acquedotto così come è documentata la presenza di una piscina utilizzata per l'allevamento ittico.

Attualmente della villa rimangono solo 13 ambienti un po' in discesa, aperti e finalizzati ad essere delle sostruzioni su cui poggiare le varie parti edili della villa sovrastante.
L'idea dell'architetto era che essi, guardandoli, dessero l'impressione di trovarsi davanti a delle grotte naturali e per questo motivo dove fu possibile si lasciò intatto il terreno roccioso.
Tuttavia si suppone, basandoci sulla testimonianza di fonti latine, che la dimora fosse costituita da vari padiglioni isolati. Non è semplice oggi però la lettura di ciò che resta del complesso anche se il Canina ha tentato di ricostruire come la villa doveva essere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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