"Sibilla Tiburtina" nel duomo di Siena, di Benvenuto di Giovanni (prima parte)

a cura di Roberto Borgia

Nella cattedrale di Siena dal 18 agosto, subito dopo il Palio dell'Assunta, fino al 24 ottobre, viene "scoperto" il pavimento a commessi marmorei, "il più bello., grande e magnifico. che mai fusse stato fatto", secondo la nota definizione di Giorgio Vasari. Di solito, infatti, il prezioso tappeto marmoreo è coperto da lastre di faesite per proteggerlo dal calpestio dei visitatori e dei numerosi fedeli che ogni giorno accedono al sacro tempio per la preghiera. Grazie alla scopertura sarà ora possibile ammirare anche le tarsie nell'esagono sotto la cupola, lo spazio vicino all'altare, i riquadri del transetto per uno spettacolo unico, in cui i visitatori vengono guidati all'interno di un percorso che permetterà anche la visita straordinaria intorno all'abside, con la visione delle tarsie lignee di Fra' Giovanni da Verona e gli affreschi di Domenico Beccafumi.
Il pavimento del Duomo è frutto di un complesso programma che si è realizzato attraverso i secoli, a partire dal Trecento fino all'Ottocento. La tecnica utilizzata per trasferire l'idea dei vari artisti sul pavimento è quella del commesso marmoreo e del graffito. Si iniziò in modo semplice, per poi raggiungere gradatamente una perfezione sorprendente: le prime tarsie furono tratteggiate sopra lastre di marmo bianco con solchi eseguiti con lo scalpello e il trapano, riempiti di stucco nero. Questa tecnica è chiamata "graffito". Poi si aggiunsero marmi colorati accostati assieme come in una tarsia lignea: questa tecnica è chiamata commesso marmoreo.
Nelle tre navate l'itinerario si snoda attraverso temi dell'antichità classica e pagana: la Lupa che allatta Romolo e Remo, l'egiziano Ermete Trismegisto, cioè "tre volte grande", il fondatore della sapienza umana, le dieci Sibille che davano i loro responsi oracolari in varie parti del mondo, i filosofi da Socrate, a Cratete, da Aristotele a Seneca, che hanno rifiutato la ricchezza e i piaceri della terra per poter conoscere meglio la profondità dell'animo umano nei suoi rapporti con la divinità. Nel transetto e nel coro si narra invece la storia del popolo ebraico, le vicende della salvezza compiuta e realizzata dalla figura del Cristo, costantemente evocato e mai rappresentato nel pavimento, ma presente sull'altare, verso cui converge l'itinerario artistico e religioso.

Sibilla Tiburtina
Ingrandisce foto Sibilla Tiburtina nel duomo di Siena

I soggetti sono tratti dal Vecchio Testamento, tranne la Strage degli Innocenti di Matteo di Giovanni. La terribile scena, che si svolge sotto gli occhi dello spettatore, si affida al racconto del Vangelo di san Matteo. Nell'esagono sotto la cupola (Storie di Elia e Acab), ma anche in altri riquadri vicini all'altare (Mosè fa scaturire l'acqua dalla roccia; Storie di Mosè sul Sinai, Sacrificio di Isacco) lavora il pittore manierista Domenico Beccafumi, che a tal punto perfezionerà la rigida tecnica del commesso marmoreo, utilizzando gradazioni diverse, da ottenere risultati di luci e ombre, assimilabili al chiaro-scuro del disegno.
Il viaggiatore, dopo la visita al Duomo, comprenderà meglio quanto annoterà Cosima, moglie del musicista tedesco Richard Wagner, nel suo diario, alla data 21 agosto1880: "Arrivo a Siena intorno alle 10.00. visita al Duomo! Richard è commosso fino alle lacrime, dice che è l'impressione più forte che abbia mai ricevuto da un edificio. Vorrei ascoltare il preludio di Parsifal sotto questa cupola! In mezzo a tante preoccupazioni un momento di felicità: aver condiviso con Richard questo rapimento, sentimento di gratitudine verso il mio destino".

Ed ecco allora effigiate appunto fra il 1482 e il 1483 dieci profetesse sul pavimento delle navate laterali. La Sibilla Tiburtina (1483, Benvenuto di Giovanni), nella navata sinistra davanti alla biblioteca Piccolomini, figura quale annunciatrice della nascita di Cristo, con il cartiglio ai piedi che recita: SIBILLA ALBUNEA QUAE TIBURTINA COGNOMINATA EST QUOD TIBURI PRO DEO COLEBATUR" (Sibilla Albunea, che fu soprannominata Tiburtina perché era venerata a Tivoli come una divinità).
Tali versi sono desunti dal primo libro di Lattanzio delle Divinae Institutiones: "decimam Tiburtem, nomine Albuneam, quae Tiburi colitur ut dea, iuxta ripas amnis Anienis, cuius in gurgite simulacrum eius inventum esse dicitur, tenens in manu librum: cuius sortes Senatus in Capitolium transtulerit" (La decima fu la Sibilla Tiburtina, di nome Albunea, che veniva venerata a Tivoli come una dea, presso le rive del fiume Aniene. Si racconta che nei gorghi di questo fiume fosse trovata una statua che la raffigurava e che teneva in mano un libro; il Senato allora ordinò che il libro sibillino fosse trasferito nel Campidoglio).

Primo esempio di spoliazione del patrimonio tiburtino! Come possiamo notare nell'epigrafe senese scompare il riferimento alla statua posta al di sotto dell'Aniene, anche se la raffigurazione nel suo carattere statuario e nel particolare iconografico del libro che la Sibilla tiene in mano, si accorda bene con la notizia data da Lattanzio.
(ottobre 2012)

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