"Les Temples de Vesta et dit de la Sibylle" di Jean Honoré Fragonard

a cura di Roberto Borgia

Il 26 giugno 2006, nel Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps a Roma, si parlò del restauro del tempio di Vesta a Tivoli: ancora una volta perciò sottolineiamo l'importanza del tempio tiburtino (più conosciuto come tempio della Sibilla) come meta del Gran Tour, proprio per l'eccezionale conservazione del monumento che sovrasta l'acropoli tiburtina e che vedeva precipitare, almeno prima che fossero costruiti i cunicoli gregoriani, la grande cascata, spettacolo che turbava tutti quelli che ritenevano doveroso visitare la nostra città. Per il Gran Tour colgo l'occasione di segnalare per la narrazione di grande piacevolezza, intessuta di notizie curiose ed anche divertenti, il volume di Attilio Brilli, "Il viaggio in Italia, Storia di una grande tradizione culturale", Il Mulino, Bologna, 2006, pp. 479, che offre una presentazione d'insieme di quel fenomeno culturale che ebbe come baricentro il nostro paese. Così come i ricchi rampolli romani si recavano in Grecia, così questo fenomeno iniziò alla fine del Cinquecento con il sorgere del turismo organizzato. Il Gran Tour contribuì a rendere più vicina, in tutte le sue componenti, l'Italia all'Europa e successivamente agli Stati Uniti d'America e naturalmente ad estendere ad altri continenti la fama dei suoi incanti.


Ingrandisce foto Les Temples de Vesta et dit de la Sibylle

Il libro perciò si propone come ricostruzione storica, ma anche come viaggio immaginario in un'Italia, non tanto come ricostruzione nostalgica di paesaggi, prospettive, vedute di città ormai inesorabilmente perdute, quanto come un modo immaginario di fingersi luoghi ed eventi. La storia del viaggio in Italia è pertanto un'occasione di eccezionale rilevanza, non solo e non tanto nella storia del viaggiare quanto nel continuo raffronto di culture diverse che si esibiscono, si commisurano, si contrastano nel corso mutevole del tempo, di contro ad uno scenario illusoriamente immutabile.

Notevoli le citazioni che rimandano ai testi di viaggiatori con le prime edizioni in lingua originale (naturalmente tradotti). Il volume è arricchito dalle settantadue tavole da Selected Views of Italy (Londra, 1792-96) del viaggiatore John Worwick Smith che è sembrato, giustamente, all'autore incarnare il prototipo del viaggiatore settecentesco. Come evidenziato nella premessa iniziale vi sono naturalmente le tavole con il tempio della Sibilla e la grande cascata; sono presenti anche le tavole con Ponte Lucano, Villa Adriana, Villa di Mecenate, il Convento di S. Cosimato e la Villa di Orazio a Licenza, prova del fascino che esercitavano anche i dintorni di Tivoli in questi "affamati" di bellezze, siano essi il filosofo, lo studente, il diplomatico, il mercante, l'appassionato di antichità o il collezionista, tutti "pellegrini laici del sapere". Attilio Brilli insegna letteratura americana nell'Università di Siena ed è considerato tra i massimi esperti di letteratura di viaggio, con il Mulino ha pubblicato in questo ambito "Quando viaggiare era un'arte"(1995), "Il viaggiatore immaginario" (1997), "La vita che corre" (1999), "In viaggio con Leopardi" (2000), "Un paese di romantici briganti" (2003) e "Viaggi in corso" (2004), tutti tradotti in varie lingue.

Accompagniamo però la segnalazione di questo libro con l'eccezionale sanguigna di Jean Honoré Fragonard del 1760, Les Temples de Vesta et dit de la Sibylle, à Tivoli, cm 36,2 x 48,7, conservata nel Musée des Beaux-Arts et d'Archéologie di Besançon in Francia. Ogni commento è superfluo di fronte a questo disegno, ricordo solo che le opere di Fragonard su Tivoli sono state riproposte nel catalogo della Mostra "Les Fragonard de Besançon", uscito sempre nel 2006 di ben 232 pagine. Viene spontanea di fronte a questi capolavori l'espressione dei suoi contemporanei "Jean Honoré Fragonard, Gens, honorez Fragonard !". Anche questo testo, catalogo dell'esposizione, ci offre uno studio dettagliatissimo e, grazie alla cura della Casa Editrice "Five Continents Editions" di Milano, si raccomanda come opera indispensabile per tutti gli amanti dell'arte, non solo del disegno, spesso non abbastanza considerato nei nostri Musei. Ritornando a studi più recenti debbo segnalare che il prof. Cairoli F. Giuliani, autore e studioso troppo conosciuto perché si debba aggiungere qualche ulteriore indicazione, in una recente conferenza organizzata dalla Società Tiburtina di Storia e d'Arte il 17 aprile 2009 presso le Scuderie Estensi ha tenuto a sottolineare di aver riconsiderato l'ipotesi di chiamare i due templi dell'acropoli con rotondo (quello della sanguigna) e rettangolare (l'altro vicino).

Il fatto che il tempio circolare sia costruito su sostruzioni, praticamente su un ripiano artificiale, in un punto tanto pericoloso perché a picco sulla vecchia cascata, è giustificabile solo dal fatto che il luogo doveva avere una grandissima importanza per i nostri antenati. Niente di più probabile che precedentemente fosse caduta giù una parte di acropoli sopra la quale c'era il vecchio tempio della Sibilla; infatti è da riconsiderare la testimonianza di Varrone, riportata da Lattanzio, Divinae Institutiones, I, 6 che così recita, a proposito della Sibilla Tiburtina: "decimam Tiburtem, nomine Albuneam, quae Tiburi colitur ut dea, iuxta ripas amnis Anienis, cuius in gurgite simulacrum eius inventum esse dicitur, tenens in manu librum: cuius sortes Senatus in Capitolium transtulerit.". Nulla di più probabile perciò che, a seguito dello smottamento di una parte dell'acropoli, sia precipitato il vecchio tempio dedicato ad Albunea (dall'acqua "bianca" della cascata spumeggiante o addirittura da una radice preindoeuropea alb, cioè altura) e che ritrovatosi miracolosamente nelle acque il simulacro della stessa con i libri sibillini, i nostri antenati decidessero di costruirne uno più bello, ma nello stesso luogo, riportato a nuova vita, tramite poderose sostruzioni, che ancora oggi sono visibili e che sono visibili anche nella nostra sanguigna!

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