" La Fontana dei Draghi a Villa d'Este " di Jean-Honoré Fragonard (terza parte)

a cura di Roberto Borgia

Presentiamo, sempre di Jean-Honoré Fragonard (1732-1806), l'olio su tela, approdato dal 2001 al Min­neapolis Institute of Arts, 2400 Third Avenue South di Min­neapolis nello stato americano del Minnesota.
Viene chiamo nel sito web del Museo "The Grand Stair­case of the Villa d'Este at Tivoli" (La grande scalinata della Villa d'Este a Tivoli), con un riferimento sbagliato all'anno 1759. Pierre Rosenberg nel catalogo della Mostra "Les Fragonard de Besançon" preferisce chiamarlo sem­pre L'Escalier de la Gerbe (La scalinata del covone). II quadro apparteneva in origine (acquisto o dono) al di­rettore dell'Accademia di Francia a Roma, Charles Natoi­re (1700-1777), e tutto ciò testimonia l'importanza che il dipinto dovette avere per l'autore. Fu venduto post mortem di Natoire il 14 dicembre 1778 e dopo diversi passaggi è approdato oltre Atlantico. Riguardo all'anno di composizione ci sembra non erroneo indicare sempre il 1760, nella cui estate Fragonard dimo­rò a Villa d'Este con Jean Baptiste Claude Richard, abate di Saint-Non (1727-1791). Infatti l'esame delle tele a olio pervenute e che riguar­dano Tivoli (La grande cascade de Tivoli o Les cascatel­les de Tivoli al Louvre, Le petit parc della Wallace Col­lection a Londra e appunto questa), tele appunto italiane di grana grossa, fanno propendere per la realizzazione a Ro­ma, dopo che l'artista era ritornato dal suo soggiorno a Tivoli.


Ingrandisce fotoLa Fontana dei Draghi

D'altronde nell'anno successivo, il 1761, dal 18 marzo Fragonard si reca a Napoli e copia sempre per il mecena­te Saint-Non quadri e sculture di collezioni pubbliche e pri­vate, rivelando le ricchezze artistiche in Italia prima delle grandi dispersioni che seguirono alle invasioni francesi alla fine del XVIII secolo. Purtroppo la tela non ci è pervenuta integra: mancano circa 16 centimetri nella parte superiore e 30 centimetri sul lato sinistro. La mancanza su questo lato fa si che non sia visibile l'abside della Chiesa di S. Pietro alla Carità.
Le dimensioni originali sono attestate nel 1778 nel ca­talogo della vendita Natoire, nonché dallo schizzo esegui­to in quell'occasione da Gabriel Jacques de Saint-Aubin (1724-1780), disegnatore, pittore ed incisore francese, famoso per le sue rappresentazioni della vita parigina del XVIII secolo. L'inquadratura della pittura riprendeva dunque quella del disegno di Besançon, da noi già pubblicato, sia intero sia in un particolare ingrandito.

Dicevamo che il quadro è stato certamente eseguito do­po, e da questo disegno: la scelta luminosa è la stessa, ma il pittore ha introdotto qualche variante minima, alcune figure si appoggiano alla balaustra della terrazza principale, nell'asse del palazzo, nel viale delle Cento Fontane, e so­prattutto il taglio in controluce, in primo piano sulla sini­stra, così importante per l'effetto del quadro, è modificato e precisato, con l'introduzione di un motivo scolpito, pro­babilmente il frammento delle ali delle aquile che si tro­vavano sopra gli estremi della balaustra (una è ancora rap­presentata intera nel disegno già da noi riprodotto, come dicevamo, sia integralmente sia in un particolare): altre va­rianti rispetto alla sanguigna sono la cesta in controluce poggiata sulla balaustra e la modificazione di una figura femminile, in piedi, vista rigorosamente di spalle, la cui te­sta rotonda aggiunge, nell'asse dello zampillo d'acqua spu­meggiante, un'interpunzione nera, allegra e spiritosa.
II quadro è importantissimo perché, se si esclude l'ope­ra "?l temporale o il carro impantanato" conservato al Museo del Louvre di Parigi, che non è poi veramente un paesaggio, rima­ne l'unico paesaggio dipinto con certezza da Fragonard a Roma.

La tela colpisce per la forza e l'abilità con cui dispone uno spazio complessivo grazie alla giusta ripartizione de­gli effetti di sole e d'ombra; trae dunque le conseguenze da quanto aveva già intensamente indicato dal disegno.
E certamente dobbiamo respingere l'ipotesi che la sanguigna di Besançon è preparatoria di questa te­la, proprio perché la tela è meno riuscita del disegno, di cui non ha saputo mantenere né l'allegria né la luminosa vibrazione: appare più sommaria, nonostante il ricorso a mezzi più ambiziosi del semplice disegno a sanguigna, co­me se, paradossalmente, fosse un commento al disegno stes­so, uno sviluppo in una tecnica che l'artista domina al mo­mento meno bene di quella della sanguigna. Occorre rilevare però che al suo ritorno a Parigi la sua abilità e le sue capacità espressive si sviluppano in maniera straordinaria, e l'artista diviene capace di passare dal paesaggio, al ritratto, dalla festa galante ai soggetti storici, con quella gioiosa leggerezza che caratterizza l'ultimo periodo dell'arte rococò, e che ci dimostra una vera gioia di vivere. Verrà accusato di frivolezza, ma Fragonard descrive la bella vita dell'epoca, dimostrando una sensibilità lirica non comune con una riflessione sull'uomo e sulla natura che lo hanno reso uno dei più brillanti spiriti del suo tempo.

gennaio 2015

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