" La Fontana dei Draghi a Villa d'Este " di Jean-Honoré Fragonard (prima parte)

a cura di Roberto Borgia

Pochi sanno che la Fontana della girandola o dei draghi nella Villa d'Este veniva chiamata anche la fontana del covone, o, per meglio dirlo con il termine francese, la scalinata della fontana stessa veniva chiamata "L'escalier de la Gerbe"!
In verità occorre premettere che il Drago sarebbe uno solo: è noto che la villa d'Este è legata indissolubilmente al mito di Ercole, protettore sia della latina Tibur che della casa d'Este: il nonno e il fratello del cardinale Ippolito, costruttore della villa, si chiamavano Ercole, lo stesso cardinale si considerava un "novello Ercole" per la grandiosa costruzione della villa e per aver fatto portare la potenza del fiume Aniene nelle fontane del parco, con il canale chiamato appunto d'Este.
Perciò il drago da considerare era uno solo, il mitico Ladone, custode dei pomi d'oro nel giardino delle Esperidi, drago dalle cento teste, ucciso da Ercole in una delle sue fatiche, e nel cielo il dragone è raffigurato infatti con un piede dell'eroe greco sulla sua testa.


Ingrandisce foto La Fontana dei Draghi

Ladone faceva la guardia all'albero prezioso che produceva mele d'oro, donato a Giunone dalla Madre Terra in occasione delle sue nozze con Giove. Giunone lo aveva piantato nel suo giardino, dove i cavalli del Sole terminavano la loro corsa, e le greggi e le mandrie di Atlante vagavano su pascoli che nessuno osava calpestare. A custodire il giardino Giunone aveva messo le Esperidi, figlie di Atlante, ma queste si dimostrarono indegne di tale compito perché rubavano loro stesse le mele d'oro. Fu così che a guardia dell'albero Giunone mise il drago Ladone, il quale non permetteva a nessuno di avvicinarsi, Ladone, figlio del mostro Tefeo e di Echidna, una creatura mostruosa metà donna metà serpente. Secondo Apollodoro, Ladone aveva appunto cento teste, e poteva parlare con voci diverse, mentre nel cielo è raffigurato con una testa sola. Quando Ercole ricevette l'ordine di impadronirsi delle mele d'oro non sapeva dove fosse situato il misterioso giardino. S'incamminò attraverso l'Illiria fino a raggiungere il fiume Eridano, patria del profetico Nereo.

Qui le ninfe di quelle acque lo condussero dal dio che stava riposando. Ercole lo costrinse a rivelargli il luogo dove si trovavano le mele d'oro e a spiegargli il modo di impossessarsene. Nereo gli consigliò vivamente di non coglierle con le proprie mani, ma di servirsi di Atlante, alleggerendolo nel frattempo dell'enorme peso che gravava sulle sue spalle. Appena giunto nel giardino delle Esperidi, Ercole chiese questo favore al titano, che era disposto a qualunque cosa pur di avere un attimo di sollievo; ma anche un gigante come Atlante temeva il drago Ladone, sicchè chiese come condizione che Ercole lo uccidesse. L'eroe acconsentì alla richiesta scoccando una freccia avvelenata che colpì mortalmente il terribile guardiano, poi sostituì Atlante nel compito di reggere il globo celeste, intanto che questi, con l'aiuto delle figlie, coglieva le mele d'oro. Atlante non era più intenzionato a riprendere il suo scomodo posto e ci volle uno stratagemma da parte di Ercole per costringere il titano a riprendersi il globo celeste sulle spalle. Ladone fu posto poi da Giunone fra le stelle come costellazione del Dragone.
Proprio l'emblema del cardinale Ippolito d'Este aveva il motto "ab insomni non custodita draconi" (dalle Metamorfosi di Ovidio), con il ramo dei pomi d'oro fra gli artigli dell'aquila bianca dello stemma estense.

Ma ritorniamo all'argomento principale citando ancora una volta il disegnatore principe della Villa d'Este, il francese Jean-Honoré Fragonard (1732-1806), che nell'estate del 1760 soggiornò per circa due mesi prorio a Villa d'Este, presa in affitto dall'altro artista ed amatore d'arte Jean Baptiste Claude Richard, abate di Saint-Non (1727-1791), e che ci ha lasciato un eccezionale disegno della scalinata dei Draghi intitolato appunto L'Escalier de la Gerbe de la villa d'Este.
Questa sanguigna di cm. 35 x 48,7 si trova nel Musée des Beaux-Arts et d'Archèologie di Besançon in Francia, insieme alle altre nove sanguigne, chiamate comunemente "sanguines de la villa d'Este", anche se in realtà rappresentano, oltre che la villa d'Este, anche altri luoghi della nostra città. L'abate di Saint-Non che possedeva il disegno, l'aveva inciso al contrario, cioè con la visuale della scalinata sul lato sinistro e i cipressi a destra, con il titoli "Vue prise dans le jardins de la Ville d'Este à Tivoli". Ritornando al disegno dobbiamo innanzitutto considerare le siepi di mortella ben tagliate, che contraddicono lo stato di abbandono, in cui versava la villa in quel periodo; Fragonard è amante della natura rigogliosa, che travaliaca i limiti imposti dall'uomo, quindi dobbiamo pensare a regione, che una qualche manutenzione fosse effettuata nella villa stessa.

settembre 2014

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