Rinvenimenti nella Villa di Quintilio Varo

La Villa di Quintilio Varo, con i suoi sei ettari di superficie, dopo Villa Adriana, è senz'altro la seconda per estensione del territorio tiburtino.
Si tratta di una villa importante, finemente decorata, grazie alle testimonianze delle scoperte fatte fin qui.
Dall'area della villa provengono materiali vari scoperti nel corso di scavi regolamentari e abusivi, più numerosi questi ultimi per il lungo stato di mancata cura e sorveglianza del sito.
Tali attività di scavo sono testimoniate anche dal Rinaldi (in "Guida a Tivoli divisa in 2 parti descritta dal Can.co D. Stanislao Rinaldi" del 1855) che riporta come "furono in diversi tempi dissotterrate statue, colonne, musaici pellegrini, e nel secolo passato dal Cardinal Montino in gran quantità quella pietra di pregio, che chiamasi breccia di Quintiliolo".


Mercurio Fanciullo - Giambattista Visconti

I primi scavi di cui abbiamo notizia sono quelli fatti nel 1567 dall'architetto Pirro Ligorio per conto del cardinale Ippolito II d'Este. Come accaduto con gli scavi di Villa Adriana, il Ligorio lasciò una descrizione minuziosa della villa e dei ritrovamenti effettuati fra cui un bellissimo pavimento a mosaico con animali marini e terrestri. L'architetto fece anche una pianta della villa che purtroppo non è giunta fino a noi.
Dai documenti estensi pubblicati dal Venturi, si sa che gli scavi furono effettuati nel settembre del 1567 da "quattro huomini ch'hanno cavato alla villa di quintilio per trovare delle anticaglie, per soldi 64".

Come riporta lo Zappi in "Annali e Memorie di Tivoli", durante i lavori per piantare un vigneto, Ercole Ciaccia riportò alla luce statue, busti, termini, basi, capitelli e colonne, una delle quali terminava a piramide lavorata con tronchi e corone d'olivo ed altri ornamenti, e verso la base in semi rilievo sei figure.
Sempre dallo Zappi apprendiamo che anche il tiburtino Pirro Briganti diede incarico di piantare delle viti nei terreni della villa. Uno dei braccianti, "abbruzzese" rinvenne una grande quantità di monete e medaglie consolari d'argento "di valore di un giulio l'una". In particolare alcune ritraevano C. Cassio (nell'altro verso "un carro trainato con quattro cavalli con una Roma di sopra"), P. Grasso (nell'altro verso "una testa di donna con pendenti alle orecchie"), Fausto Latino, Pansa e Censorino (quest'ultime tre con nell'altro verso "un carro con quattro cavalli con una figura con la palma in mano").

Domenico De Angelis nell'oliveto detto la montanara, nel 1773 riportò alla luce una statua di Mercurio, ora ai Musei Vaticani, e nel 1776 una statua nuda di un Liberto.
In uno scavo fatto nel 1820 nel medesimo oliveto si rinvennero due fauni, anch'essi portati ai Musei Vaticani, una statua femminile sedente (portata al Fitzwilliam Museum di Cambridge), ed altri frammenti.

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