La Villa di Nerone

Subiaco, oltre ai due splendidi monasteri benedettini, conserva un'importante testimonianza storico-artistica relativa ad epoche precedenti. E' infatti qui che Nerone, successore di Claudio e quindi appartenente alla dinastia Giulio-Claudia, entro il 60 d.C. fece costruire la sua Villa imperiale in una vasta area dalla folta e ricca vegetazione, posta tra i Monti Taleo e Francolano. Secondo i calcoli approssimativi, ma sufficientemente indicativi, la superficie complessiva della villa è stata calcolata a 75 ettari, 15 in più della parte scavata di Villa Adriana.

Villa di Nerone a Subiaco
Ingrandisce foto Resti della Villa di Nerone a Subiaco

La splendida dimora si estendeva con ardite costruzioni fino a lambire l'alveo del fiume Aniene ed era raggiungibile attraverso la via Sublacense, fatta progettare dallo stesso imperatore. La villa, specchiandosi nei "Simbruina stagna" (i tre laghi appositamente creati da Nerone dopo aver fatto innalzare una diga), era stata voluta dall'imperatore per evitare la calura estiva della Capitale.

Nella scelta dell'ubicazione della villa giocò un ruolo importante il paesaggio aspro e selvaggio dell'alta valle dell'Aniene caratterizzata dalla gola stretta e boscosa, dalle acque vorticose. Tutto ciò soddisfaceva in pieno la predilezione di Nerone per i laghi, le cascate, i giochi d'acqua, le grotte. Tale gusto architettonico si riscontra anche nella struttura di altri complessi neroniani (quali la Domus Aurea e la villa di Anzio) e della Villa di Manlio Vopisco a Tivoli.

Resti della Villa di Nerone a Subiaco
Ingrandisce foto Resti della Villa di Nerone

La scelta del luogo sublacense fu operata anche per fare in modo che Nerone potesse effettuare dei bagni freddi prescritti dal medico Chamis, secondo il racconto di Plinio. Ignoriamo il nome degli architetti di questo complesso, ma la villa è una tale esercitazione di architettura ingegneristica con la costruzione delle dighe, i tagli della roccia, i padiglioni a terrazze, che non si può fare a meno di pensare a Severo e Celere i quali, come rileva Tacito "quae natura denegavisset, per artem temtare".

La tranquillità e la frescura della dimora sublacense non riuscirono tuttavia a placare l'animo tormentato di Nerone. Interpretando come un nefasto presagio la caduta di un fulmine sulla mensa presso la quale stava banchettando, egli non esitò, verso il 60 d.C., ad abbandonare la villa che andò in decadenza e fu in parte ristrutturata solo durante il regno di Traiano, quindi durante la dinastia degli imperatori adottivi. La presenza romana, segnò senza dubbio un momento importante nella storia di Subiaco, poiché secondo la leggenda proprio la manodopera, impegnata nella costruzione della villa neroniana, introdusse nella zona il cristianesimo, che successivamente la presenza benedettina suggellò in maniera definitiva divenendo inoltre un mezzo di diffusione delle verità della Fede in tutto il mondo.

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