La guerra di Tivoli contro Ottone III

Ottone III, figlio di Ottone II morto nel 983, appena sedicenne scese in Italia nel 996 per restaurare l'antico Impero sperando nel valido aiuto papale. Perciò si impegnò a spianare la strada a suo cugino, Bruno di Corinzia, per insediarlo sul trono di S. Pietro. Il piano si realizzò ed il nuovo eletto prese il nome di Gregorio V. Subito dopo Ottone III lasciò l'Italia. Il patrizio romano Crescenzio Nomentano approfittò della partenza dell'imperatore e cacciò il neo pontefice per sostituirlo con Giovanni XVI. Così nel 998 Ottone fu costretto a tornare nella Penisola. Si sistemò poi a Roma ove mandò a morte Crescenzio.


Ingrandisce foto Tivoli vista dal centro storico

Essendo nel frattempo morto il deposto papa Gregorio V, nel 999 fece eleggere papa il suo amico, Gerberto di Aurillac, col nome di Silvestro II. Ottone III ventilava un piano di riassetto imperiale che includeva anche Tivoli. Quest'ultima infatti non gli dimostrava una grande fedeltà poiché non si sentiva abbastanza considerata. La nostra città mal tollerava il favoritismo imperiale per Subiaco (Ottone infatti era arrivato a trascorrervi persino due mesi). I rapporti con i Tiburtini peggiorarono quando l'imperatore impose alla città un Governatore imperiale, un certo Mazolino o Mazolnio, incaricato di assoggettarla una volta per tutte.

Nel 999, approfittando che l' imperatore si era allontanato da Roma ancora una volta, una sommossa popolare uccise il Governatore. Tornando Ottone, i Tiburtini ebbero paura della sua punizione e con fede si rivolsero a San Lorenzo, loro patrono e difensore. Da Lui invocarono pace e tranquillità facendo voto in cambio di pagare tutti ogni anno 1 danaro nel giorno di San Lorenzo.


Ingrandisce foto Tivoli, vicolo dei Granai

Sul principio del 1001 iniziarono le ostilità di Ottone III contro Tivoli che, cinta d'assedio, si difese molto bene stancando gli assedianti che furono anche sul punto di rinunciare. A questo punto, per non sminuire l'importanza del potere imperiale, intervennero il papa Silvestro II ed il vescovo Bernardo. I due, avanzando sotto le mura di Tivoli, furono in grado di convincere i Tiburtini a fare atto di sottomissione ad Ottone III garantendo nel contempo che la città non sarebbe stata toccata. Provvidenziale poi risultò l'arrivo a Tivoli di S. Romualdo, venuto qui per una ragione strettamente personale: rimettere la sua carica di abate alla presenza del papa e dell'imperatore.

Il Santo dissuase Ottone III dal saccheggiare la città ed anzi gli impose di espiare pubblicamente il reato di cui si era macchiato: l'uccisione del predetto senatore Crescenzio Nomentano.

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