Tivoli nell'Ottocento

Negli ultimi anni del Settecento e nei primi dell'Ottocento Tivoli risentì delle ideologie rivoluzionarie francesi che portarono il sovrano e la nobiltà d'oltralpe sulla ghigliottina ed esperimentò, come fece Roma, tutte le vicissitudini legate a Napoleone. La nostra città non si dette molto da fare per dare un contributo alle guerre napoleoniche tanto che risulta che nessun tiburtino militò come ufficiale in questi conflitti. Tivoli invece adottò un comportamento ostruzionista e molti suoi cittadini auspicavano che ritornasse il deposto Pontefice; cinque ecclesiastici della sua diocesi si rifiutarono di giurare fedeltà a Napoleone e furono deportati in Corsica.
Caduto Napoleone, con la Restaurazione, avvenuta grazie al Congresso di Vienna del 1815, anche lo Stato della Chiesa tornò a riappropriarsi dei poteri e dei territori che erano sotto la sua giurisdizione prima dell'avvento dell'imperatore corso e nel caso di Tivoli emanò un regolamento per gli anni 1817 e 1818.


Ingrandisce foto Cunicoli gregoriani

In quel tempo la nostra città aveva una popolazione di 5.484 abitanti e faceva parte del distretto della Capitale insieme a Subiaco ed al suburbio di Roma; tale distretto era gestito da un Governatore di grande spessore politico e coadiuvato da un consiglio costituito da 36 membri. "Gli affari di interesse comune" erano di pertinenza di un'assemblea competente mentre la "Magistratura" (con a capo un Gonfaloniere aiutato da due a sei Anziani) gestiva l'amministrazione "comunicativa". Tivoli elesse tre consiglieri provinciali

Dal punto di vista economico occorre dire che un terzo della popolazione tiburtina si occupava di agricoltura; un altro terzo si dava alla lavorazione del ferro, rame, conceria, polveri sulfuree, alla fabbricazione di mattoni e di carta, alla macinazione di granaglie e di olive; infine c'era chi si occupava di commercio.
In questo secolo molto visitati erano i due beni culturali tiburtini: Villa Adriana (tutta un lavorio di scavi archeologici e visitatissima) e Villa d'Este secondo il Rosmini piuttosto " malconcia" come la definisce nella pagina del suo diario datata 18 aprile del 1823. Tuttavia il fascino di Villa d'Este era enorme se nel 1843 Georg Carstensen dette il nome di Tivoli al suo progettato parco di divertimenti di Copenaghen, se Carolina di Brunswich chiamò "nuova Villa d'Este" la villa acquistata nel 1815 a Cernobbio, se molti teatri e sale cinematografiche degli Usa, a partire dal XX secolo, si chiamarono Tivoli.


Ingrandisce foto Centrale elettrica "Acquoria"

Purtroppo si deve riferire che la nostra città, nel primo ventennio del XIX sec. ed anche successivamente, era molto sporca e nulla ottennero i vari provvedimenti igienici presi dal governatore per salvaguardare la salute pubblica tenendo anche conto che non esistevano fognature per cui i liquami si riversavano per le strade.

Nel 1837, nel 1854 e nel 1855 Tivoli fu colpita da tre epidemie di colera che causarono molte vittime (8.000 nella sola Roma in seguito all'epidemia del '55). Il 16 novembre del 1826 l'Aniene ancora una volta straripò e allagò varie zone della città dopo aver abbattuto la diga posta a sua difesa. In questa occasione, insieme a buona parte della città, le acque del fiume in piena abbatterono anche la chiesa di S.Lucia; fu una tragedia forse in parte paragonabile a quella molto più antica in seguito alla quale fu distrutto un tempio di età altorepubblicana situato nell'acropoli tiburtina (sono conservate nei musei vaticani le statuette di terracotta che abbellivano il fregio del tempio). In occasione dell'alluvione del 1826 la diga fu riparata alla meglio dal papa Leone XII ma fu il suo successore, Pio VIII, a cercare di risolvere il problema in maniera decisiva affidandone l'incarico a Clemente Folchi. Quest'architetto ideò il traforo del monte Catillo attraversato da una doppia galleria per aumentare la capacità idrica deviata; il suo progetto fu approvato dal nuovo papa , Gregorio XVI.
Dopo solo un anno di lavoro, il 7 settembre 1835, i cunicoli gregoriani furono ultimati; i lavori non si limitarono solo a deviare il fiume ma furono rivolti anche alla formazione di due piazze, piazza Rivarola, adiacente alla "Cittadella" medioevale, e piazza Massimo; queste due furono poi unite grazie alla costruzione del ponte Gregoriano. Tornando per un attimo indietro occorre dire che l'elezione al papato di Pio IX nel 1846 in un primo tempo fece credere, grazie anche alle sue riforme, che il pontefice fosse molto liberale e sensibile al problema dell'unità nazionale.

Avanti >>

Nei dintorni

Approfondimenti

    Le guide di Tibursuperbum

    Con il patrocinio del Comune di Tivoli, Assessorato al Turismo

    Patrocinio Comune di Tivoli

    Assessorato al Turismo