Tivoli nel Trecento

Tivoli, dopo l'atto di sottomissione al senato di Roma rinunciò ad ogni espansione verso la Campagna Romana. La pace con la mediazione del Papa fu ratificata nel 1259 ed in base ad essa fu deciso che i tiburtini dovessero pagare il censo annuo di mille libbre e fossero amministrati dal Conte designato dal senato romano. Tuttavia il Conte era tenuto a rispettare lo statuto di Tivoli e a rendere conto, finito il periodo del suo mandato, delle sue azioni. In questo periodo si perfezionarono le norme del nuovo statuto cittadino: il popolo ed il comune, riuniti nella piazza più grande della città, approvarono i principi statuari che poi furono esposti al Consiglio generale di Roma (1305). Venne istituito anche l'ufficio del cancelliere che ebbe il compito di custodire il registro dei verbali del consiglio ed ogni altro documento del comune. Per controllare meglio chi doveva occuparsi della cosa pubblica, si decise di accorciare la durata degli incarichi nei vari uffici comunali. Ben presto però la nomina del Conte divenne solo una formalità soprattutto quando il Capomilizia, in cui la città in genere si riconosceva, aveva molto prestigio.


Ingrandisce foto Piazza dell'Arengo

Il Conte era a quel tempo coadiuvato da tre cittadini col titolo di Anziani e tutti e quattro erano controllati da un Consiglio cittadino. Se la situazione era ingarbugliata veniva poi convocata un'assemblea composta da 120 cittadini (scelti in numero di 30 per ogni rione). Molto potere come si è detto rivestiva il Capomilizia, scelto sempre tra i nobili, il quale comandava su un esercito formato da 500 cavalieri e 4000 fanti.

Tivoli riuscì a riprendersi una certa autonomia ed indipendenza da Roma solo nel periodo in cui la sede pontificia lasciò l'Italia per essere trasferita ad Avignone (1309-1376) approfittando del fatto che la città Eterna era caduta di nuovo nel disordine politico. Malgrado nel Nord-Italia i Comuni si trasformassero in Signorie e poi in Principati, Tivoli restò fedele a lungo alla coscienza comunale. Quando nel 1312 Enrico VII di Lussemburgo fu incoronato imperatore a Roma (l'imperatore tanto atteso ed osannato dal poeta Dante), Tivoli si dette da fare per ospitarlo così come fece nei confronti di Ludovico il Bavaro quando fu incoronato nel 1328. La città divenne persino il quartiere generale del tribuno Cola di Rienzo divenuto padrone di Roma (1347), quando questi decise di combattere contro i Colonnesi della vicina città di Palestrina.


Ingrandisce foto Ponte Lucano

Nel 1370 il Conte Corrado di Antiochia, non volendo pagare più il tributo per il feudo di Anticoli, come dovuto a Tivoli, sobillò anche gli altri castelli tributari della città tiburtina; gli eserciti si scontrarono ma il sobillatore riuscì ad avere la meglio ed anzi nel combattimento perse la vita persino lo stesso Capomilizia dell'esercito tiburtino, Meolo d'Andreozzo Ricciardi.

Qualche anno dopo Tivoli mise in campo 800 armati, scegliendoli tra il fior fiore dei suoi cittadini, e finanziò 1500 cavalieri e 2500 fanti per difendere il papa Urbano VI contro gli Orsini ed i cardinali francesi (che avevano a loro servizio truppe bretoni) che non ne riconoscevano l'elezione, avvenuta nel 1378. L'esercito tiburtino vinse in modo schiacciante: a Ponte Lucano sbaragliò le truppe bretoni, invase e saccheggiò le rocche di Poli, Vicovaro e Sant'Angelo, riuscì a mettere le mani su Anticoli (favorevole agli Orsini) sconfiggendo Corrado di Antiochia ed assoggettandone il feudo. A Tagliacozzo infine sbaragliò Rinaldo Orsini (1381). La pace con gli Orsini fu stipulata nel 1382 ed in base ad essa Tivoli estese i suoi poteri anche su Saracinesco e riaffermava quelli su Anticoli.

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