"L'imperatore Augusto e la Sibilla Tiburtina" di Conrad Witz

a cura di Roberto Borgia

Tra i libri pubblicati nel 2009, felice coincidenza con il cinquecentesimo anniversario della nascita del cardinale Ippolito II d'Este è doveroso citare quello di CARMELO OCCHIPINTI, Giardino delle Esperidi. Le tradizioni del mito e la storia della Villa d'Este a Tivoli, Carocci Editore, Roma, pp. 472, opera annunciata da tempo e finalmente andata in stampa. Nel raccomandare la lettura del volume, voglio solo accennare che, con i documenti inediti, conservati nell'Archivio di Stato di Modena - inventari, carteggi, registri di spesa - Occhipinti ricostruisce l'eccezionale collezione di Ippolito II, che, nel corso della sua carriera ecclesiastica di rilevo internazionale raccolse, spesso in maniera predatoria, opere d'arte che contribuirono a rendere famose in tutta Europa, fin da subito le residenze del Quirinale, di Monte Giordano e di Villa d'Este. Anche i manoscritti dell'architetto della villa, Pirro Ligorio, contribuiscono a spiegare la scelta delle opere d'arte presenti nella collezione, anzi giustificano la scelta di Tivoli e del sito della Valle Gaudente come sede della villa del cardinale. Proprio il programma decorativo del palazzo, suggerito dalle ricerche erudite di Pirro Ligorio (con la fondazione di Tivoli da parte di Catillo e Tiburto, i figli di Anfiarao, vissuti prima della guerra di Troia e le origini remote della devozione della Sibilla Tiburtina) dimostra la scelta consapevole della nostra città per fondare quello che sarebbe divenuto il più bel parco d'Europa e del mondo. Ecco allora - nel capitolo dedicato da Occhipinti all' "Orrore: il territorio e il paesaggio" - la valle dell'Inferno, dove, come scrive Ligorio, la spuma dell'acqua "rompendosi da le cadute e balzi che fa diventa tutta bianca" e che aveva fatto dare alla Sibilla di Tivoli il soprannome di Albunea. Occhipinti esamina poi i riferimenti nella Tivoli cristiana, in particolare l'antica consacrazione alla Vergine Maria del Tempio rotondo sull'acropoli e la devozione mariana con la basilica dell'Aracoeli a Roma, fondata dove si pensava che la Sibilla Tiburtina avesse predetto all'imperatore Augusto la nascita di Gesù Cristo, indicandogli il cielo dove l'imperatore poté osservare Gesù Cristo in braccio alla madre.


Ingrandisce foto L'imperatore Augusto e la Sibilla Tiburtina

Proprio relativamente alla Sibilla Tiburtina presentiamo questa parte di una pala d'altare dipinta da Conrad Witz, pittore tedesco-svizzero in quanto nato a Rottweil nel Württemberg all'incirca nel 1400, trasferitosi a Basilea nel 1431 dove si iscrisse nella corporazione dei pittori nel 1434, prendendo la cittadinanza nell'anno successivo, lavorando soprattutto nella stessa Basilea, dove morì intorno il 1446. Si tratta dell'opera più antica finora presentata (aggiornamento a marzo 2010) nel Museo virtuale e che possiamo convenientemente intitolare L'imperatore Augusto e la Sibilla Tiburtina, del 1435 circa, conservata nel Musée des Beaux-Arts di Dijon (Digione) in Francia.

Il destino è stato crudele con le tre grandi opere più importanti di Witz, tutte pale d'altare in origine composte da molti pannelli, ora perduti o dispersi in vari musei. La Pala dello specchio della salvezza gli fu probabilmente commissionata per il coro della collegiata di San Leonardo a Basilea, che risiedevano un certo numero di vescovi intervenuti per il Concilio. Ricordiamo che il Concilio di Basilea (1431-49) segnò la conclusione del periodo scismatico; fu il diciassettesimo e il più lungo dei Concili ecumenici. Convocato in base al decreto Frequens del Concilio di Costanza (1417), venne aperto il 29 luglio 1431 in questa città imperiale, al centro dell'Europa. Gli scopi programmatici erano di porre fine alle eresie degli Ussiti, assicurare la pace all'interno della cristianità e riformare la Chiesa. Perciò la pala d'altare fu progettata secondo un programma iconografico centrato sul concetto di unità della Chiesa attraverso la salvezza cristiana. Una delle fonti letterarie utilizzate per il suo sviluppo fu infatti lo Speculum humanae salvationis, un trattato domenicano del quattordicesimo secolo Facendo riferimento alla ricostruzione insoddisfacente proposta da H. Wendland (1924), A. Châtelet (1987) ha risolto in modo molto convincente il problema della disposizione dell'altare originale, insistendo sul carattere innovativo di tutta l'opera. Il corpo centrale della pala probabilmente conteneva un'Adorazione dei Magi scolpita, che corrispondeva alle scene del Vecchio Testamento e di storia secolare dipinte sui tre registri interni (L'imperatore Augusto e la Sibilla Tiburtina, qui presentati; Salomone e la regina di Saba, ora a Berlino; David e Abishai, Benaia Sabothaï, Ester e Assuero, Cesare e Antipatro, Abramo e Melchisedec, ora a Basilea, Öffentliche Kunstsammlung). La pala, quando era chiusa, si presentava come una sovrapposizione di scatole (sempre su tre registri) in ciascuna delle quali era presente un personaggio isolato (rimangono soltanto Sant'Agostino, nello stesso museo di Digione e San Bartolomeo, la Chiesa, la Sinagoga, l'angelo dell'annunciazione nello stesso museo di Basilea).

Queste figure, inserite all'esterno della Pala dello specchio della salvezza in una stretta e severa cornice che loro dominano per la densità plastica, fanno un effetto di statue policrome, disposte in una sobria architettura di pietra. Non meno scultorei, i personaggi dell'interno sono rggruppati per due in ogni pannello, immersi in un broccato d'oro. Witz dimostra di conoscere la nuova pittura fiamminga, compreso il lavoro di Robert Campin, proprio per questo modo di trattare plasticamente la figura umana. Gli abiti (velluti, sete, broccati), pellicce, gioielli e armature sono realizzati con una precisione analitica, che comporta anche degli effetti di luce su questi oggetti. Il fondo d'oro, i materiali pregiati e la brillantezza di alcuni colori saturi utilizzati da Witz (rosso, blu, verde) contribuiscono alla sontuosità delle figure all'interno della pala. Per spiegare l'assimilazione di Witz ai nuovi pittori dei Paesi Bassi, J. Van Miegroet (1986) ha espresso l'ipotesi che il pittore sarebbe stato influenzato da miniatori di Utrecht presenti a Basilea in occasione del Concilio.

Nei dintorni

Approfondimenti

    Le guide di Tibursuperbum

    Con il patrocinio del Comune di Tivoli, Assessorato al Turismo

    Patrocinio Comune di Tivoli

    Assessorato al Turismo