“View of Tivoli” di Samuel Palmer (prima parte)

a cura di Roberto Borgia

Non sempre le emozioni sulla nostra città ci vengono trasmesse da opere di grande formato oppure da quelle raffigurate nel genere più nobile della pittura, quello dell’olio su tela. Emozione fortissima che trasmette appunto questa View of Tivoli dell’inglese Samuel Palmer (1805-1881), acquerello trasparente ed opaco con carboncino e grafite, montato su cartone, cm. 32,7 x 41,6, databile al suo viaggio di nozze in Italia, 1838-1839, che presentiamo eccezionalmente ai nostri lettori in quanto non è visibile dove viene conservato, il Philadelphia Museum of Art, uno dei più grandi musei degli Stati Uniti con una collezione di più di 227.000 opere d’arte e più di 200 gallerie, che presentano dipinti, sculture, opere di carte, fotografia, arti decorative e scenari architettonici di Asia, Europa, America Latina e naturalmente Stati Uniti. Un’opera così delicata come questo acquerello non può trovare certamente posto per un’esibizione permanente.
Fu donata al Museo di Filadelfia nel 1956 dai coniugi Arthur Goldsmith e Mabel Zahn in memoria di J. Leonard Sessler.
L’artista britannico ha condensato in un’unica visione spettacolare tutta la nostra città e certamente quest’opera è una delle prime che mostri il lavoro effettuato sul corso dell’Aniene con la deviazione sotto il monte Catillo con i due cunicoli gregoriani. Una delle prime vedute con il ponte Gregoriano, sul quale porto l’attenzione.


Ingrandisce foto "Veduta di Tivoli" di Samuel Palmer

L’insistenza dei nostri concittadini dell’epoca fece sì che nel traforo del monte Catillo potesse rientrare la spesa di quello che sarà l’elegante ponte Gregoriano. Queste le vicende: Gregorio XVI compì una prima visita a Tivoli il 28 aprile 1834, accolto da un maestoso arco trionfale eretto presso il Collegio de’ Nobili, ora ridotto al rango di Tribunale, luogo dove il Papa avrebbe poi dimorato. La visita fu molto minuziosa: Sua santità osservò l’inclinazione del fiume, la direzione dei cunicoli che si stavano costruendo ed il loro imbocco. Entrò poi nel cunicolo destro scavato già per 81,80 metri, illuminato per l’occasione da trecento fiaccole, e lunghi festoni di mirto, e prese posto a metà del cunicolo scavato sopra un trono riccamente addobbato ricevendo l’omaggio dei duecento lavoranti tutti schierati, ammettendoli al bacio del piede ed esortandoli a perseverare nella loro fatica.
Il papa passò poi ad ispezionare il cunicolo sinistro scavato per 57,05 metri e volle assistere ai lavori, in particolare come si caricassero le mine e si scavasse la roccia.

Il papa attraversò anche la stretta e malagevole passerella, costruita sopra la nuova Chiusa, e poté costatare quanto fosse un umiliante compromesso per attraversare l’Aniene, contrapposto all’opera maestosa che si stava costruendo. Anzi gli storici locali chiamano questo provvisorio ponte-passerella in legno col termine “pedagna”, dal latino tardo pedānea, “che riguarda il piede”, dal classico pes, pedis, “piede”, cioè una semplice pedana, passato poi ad indicare nel linguaggio marinaresco la traversa di legno sulla quale i rematori poggiano i piedi vogando, perciò un manufatto estremamente provvisorio. Il papa lasciò la nostra città il 3 maggio dopo essersi recato anche a Subiaco al Sacro Speco, deviando perfino fino ad Arsoli per ricevere l’omaggio nel castello dei principi Massimo. Naturalmente la visita del pontefice ebbe un notevole effetto presso i lavoranti, animati dalla voce del pontefice e dai doni che avevano ricevuto, e aumentarono l’energia per lo scavo del traforo. Anche i tiburtini incoraggiati dalla bontà del pontefice e per l’amore che aveva dimostrato verso la nostra città si fecero più coraggiosi a chiedere la costruzione di un grande ponte che riunisse Tivoli alla via Valeria ed assicurasse un comodo trasporto dagli Abruzzi verso Roma, che era affidato ad un malagevole ponte di legno, niente affatto stabile e certamente indegno per una città così importante ed industriosa come Tivoli.

La richiesta non era però tanto semplice da esaudirsi, in quanto un ponte in muratura non era stato previsto nella spesa dell’opera dei cunicoli gregoriani, anzi tra i vantaggi enumerati dalla costruzione dei cunicoli gregoriani, si elencava anche quello del “risparmiare la necessaria e reclamata costruzione del gran ponte sopra l’attuale chiusa, sempre pericoloso e calcolato sopra scudi trentamila” (Chirografo dal palazzo apostolico in Vaticano del 9 giugno 1832). In sostanza passando i cunicoli sotto la Via Valeria, non si toccava il problema di traversare il baratro da Piazza Palatina fino a porta S. Angelo. Il dibattito fu acceso, perché naturalmente occorreva lasciare l’acqua del fiume Aniene nel vecchio tracciato per alimentare i canali che passavano sotto la città e, pur come sfioratoio, lasciare una perenne testimonianza della provvidenza dei romani pontefici alla città di Tivoli, ma l’amministrazione già pensava alla sistemazione di una nuova strada che da Tivoli avrebbe condotto alla Via Valeria. Però la spesa non poteva essere a carico dell’Amministrazione del Traforo, ma a carico del Comune di Tivoli, perché rientrante nella categoria delle strade interne provinciali, il cui peso di costruzione e manutenzione gravava sulle rispettive città, che la racchiudevano tra le loro mura ed infatti poco oltre il ponte progettato vi era la Porta S. Angelo, verso la strada per gli Abruzzi.

settembre 2013

Avanti >>

Nei dintorni

Approfondimenti

    Le guide di Tibursuperbum

    Con il patrocinio del Comune di Tivoli, Assessorato al Turismo

    Patrocinio Comune di Tivoli

    Assessorato al Turismo