"Scena familiare a Tivoli" di Filippo Maria Giuntotardi

a cura di Roberto Borgia

Filippo Maria Giuntotardi nacque a Roma nel 1768, iniziando i suoi studi come scultore nell'Accademia di San Luca. Si dedicò successivamente alla pittura di paesaggio, su cui si concentrò tutta la sua carriera artistica, diventando però dal 1810 sia incisore che acquafortista. Il lavoro di Giuntotardi può essere collocato in quella folta schiera di artisti romani e stranieri che si sono dedicati alla rappresentazione dei paesaggi e rovine classiche di Roma, viste con un contorno di personaggi popolani, che molte volte facevano da contrappunto alla maestosità delle rovine stesse.
Un suo acquerello, raffigurante la cascata di Tivoli, firmato e datato 1805, è conservato nella Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe, in Germania; sempre qui è conservato l'altro acquerello raffigurante il Foro Romano, firmato e datato 1804.
Nel 1813 incise l'opera: Dodici Paesi dipinti sul muro in uno dei saloni del palazzo Colonna da Gaspare Poussin disegnati, incisi, e dedicati a sua eccellenza la signora principessa Alessandrina de Dietrichstein Lesley Proscau nata contessa Schouvaloff accademica di S. Luca, e d'Arcadia.
L'altra sua opera, famosa per noi tiburtini, con la collaborazione di Antonio Testa nel 1825, è la Raccolta delle vedute pittoresche di Roma e de' suoi contorni. Volume primo, parte prima che contiene le vedute di Tivoli e delle sue vicinanze, laddove le incisioni contengono il commento di A. Nibby, che tra l'altro scriveva nella prefazione:


Ingrandisce foto "Scena familiare a Tivoli"

"Molte sono le collezioni delle vedute di Roma e de' suoi ameni contorni, che fino dal risorgimento delle Arti furono intagliate in rame; ma specialmente in questi ultimi tempi che il gusto per le antiche memorie si è cosi propagato, si sono moltiplicate in guisa da sembrare superflua a prima vista qualunque altra impresa di questa natura. A volere però confessare il vero, una se ne desiderava che particolarmente togliesse di mira i punti non solo più interessanti per la storia, ma ancora eccellenti per bellezza pittorica, e che nel tempo stesso ad una spesa non eccessiva, unisse grandezza conveniente di tavole e sceltezza di bulino. Per quanto ardua, sembrasse una simile impresa, non si ristettero di affrontarla coraggiosamente i valenti incisori Filippo Maria Giuntotardi ed Antonio Testa, ed il pubblico imparziale giudicherà se siano pervenuti allo scopo desiderato. Nel prospetto di associazione già pubblicato, essi esposero di volere restringere questa raccolta ad ottanta vedute in foglio di carta real grande velina, ed a quattro vedute generali in foglio di carta arcipapale, divisa in quattro parli, composte ciascuna di venti vedute particolari e di una generale. Ora sono giunti al termine della prima parte, nella quale promettevano di dare le vedute più interessanti di Tivoli e de' suoi contorni, cominciando dal Ponte Lucano, e terminando alla Villa d'Este. La cura che hanno messo nello scegliere i punti di maggiore importanza, e più pittoreschi, la finezza dell'intaglio, e la verità dei disegni, faranno preferire, siccome io spero, questa collezione ad ogni altra che sia stata precedentemente pubblicata".

Tale volume, ristampato poi nel 1942 dalla Società Tiburtina di Storia e d'Arte, verrà presto inserito sul sito della stessa Società (www.societatiburtinastoriaarte.it) nella sezione "Pubblicazioni" e potrà essere scaricato gratuitamente.
Altri tre suoi importanti acquerelli "Scena di corteggiamento", "La caccia della vaccina" e "I giuncatari" (cioè i venditori di formaggio fresco) sono nel Museo di Roma a Palazzo Braschi.
Morì nel 1831.

In questo acquerello su carta, (firmato in basso a sinistra) facente parte di una collezione privata, viene rappresentato un pacato e rustico intermezzo famigliare tra colonne corinzie, con il profilo sommesso dei cipressi di Villa d'Este, con un campanile sullo sfondo. "L'acquerello - come scrive l'amico Pier Andrea De Rosa in Lazio Perenne, Editoriale Artemide, Roma, 2007, pag. 192 - è una testimonianza significativa della personalità artistica del pittore romano. Figura originale, ma tuttora allo stadio di riscoperta nella pittura del paesaggio a Roma, Giuntotardi non trascurò di coltivare, sempre in canoni originali, l'interesse tipico del periodo, per il costume che egli rivisita con approccio personale, dove non manca mai una sottile linfa di ironia che si manifesta nella strutturazione della composizione, nelle fisionomie e nelle stesse posture interrelate delle figure".
Indubbiamente le figure rappresentate facevano parte di quelli che Francesco Bulgarini (Notizie storiche antiquarie statistiche ed agronomiche intorno all'antichissima città di Tivoli e suo territorio, Tipografia di Giovanni Battista Zampi, Roma, 1848, pag. 140) chiama il quarto ceto (bottegai, artisti e conduttori di mezzi di trasporto) e il quinto ceto tiburtino (campagnoli detti foretani, tutti abitanti dentro la città).
Diceva Bulgarini che le famiglie appartenenti ai due ultimi ceti (appunto il quarto e quinto) quasi tutte possedevano qualche piccolo fondo rustico o urbano.

(giugno 2015)

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