"Veduta di Tivoli" di Johann Jakob Frey

a cura di Roberto Borgia

Johann Jakob Frey (Basilea, 1813-Frascati, 1865) fin da giovane crebbe in un ambiente votato all'arte, in quanto ricevette i primi insegnamenti di pittura dal padre Samuel (1785-1836) a sua volta disegnatore, pittore e incisore, che era stato allievo di Johann Jakob Biedermann a Costanza e Gabriel Lory a Berna. Fin da giovane iniziò a viaggiare e Parigi fu la sua prima meta: il desiderio di apprendere lo portò spesso a rimanere intere giornate nelle gallerie del Louvre dove si esercitava a copiare dipinti di paesaggio fiamminghi del XVI e XVII secolo. Ritornò a Basilea nel 1834, vi sostò brevemente per poi recarsi a Monaco di Baviera dove ebbe modo di conoscere l'arte di Carl Rottmann (1797-1850) il cui linguaggio artistico influenzò l'approccio di Frey al paesaggismo. Giunse a Roma nel 1836, data apposta su alcuni fra i suoi primi disegni italiani e che quindi anticipa di due anni la data presunta del suo arrivo in Italia, il 1838, rintracciabile in numerosi studi critici. Quando il pittore giunge a Roma, appunto nel quarto decennio del secolo XIX, la Città Eterna si avvia ad abdicare al ruolo plurisecolare di Capitale delle Arti e tuttavia vive una stagione artistica intensa nella quale la diffusa comunità tedesca può vantare il magistero e l'eredità di figure quali i pittori Nazareni, Joseph Anton Koch e Johann Christian Reinhart, tanto per fare qualche nome.
Il suo primo domicilio è in via di S. Isidoro (oggi via degli Artisti) dal nome del convento omonimo che aveva accolto i Nazareni, quello così limpidamente ripreso, con l'esteso giardino, nel primo piano di una delle quattro grandi vedute di Roma dalla torretta di Villa Malta eseguite da Reinhart nel 1829-1835 per Ludwig I di Baviera che, da principe figlio dell'Elettore Massimiliano, aveva preso a frequentare Roma dal 1805 fino a diventare proprietario proprio della villa medesima sul Pincio.


Ingrandisce foto Veduta di Tivoli

Le quattro vedute sono oggi vanto della Neue Pinakothek di Monaco. Il suo primo studio lo ebbe invece nell'allora sede dell'Accademia Austriaca a Palazzo Venezia; nelle prime estati del suo soggiorno viaggiò per i dintorni di Roma spingendosi fino a Napoli dove conobbe i pittori della Scuola di Posillipo dalla cui arte rimase influenzato, per poi recarsi Sicilia. Il suo atelier fu frequentato da numerosi intellettuali come l'archeologo Richard Lepsius (1810-1884), che strinse contatti serrati con il pittore svizzero, individuando in lui la persona adatta a seguirlo nella spedizione sostenuta dal governo prussiano che sarebbe partita di lì a poco alla volta dell'Egitto e dell'Etiopia.

Iniziò così nel 1842 la grande impresa che segnò profondamente la vita di Frey, ma che terminò dopo poco meno di un anno, nell'agosto del 1843, poiché le sue condizioni di salute non gli consentivano di portare a termine la spedizione. Dopo una sosta ad Atene che durò circa un mese, l'artista svizzero tornò a Roma dove prese alloggio in via Capo le Case 92.
Nel suo studio iniziò da subito a lavorare sulle nuove tematiche orientaleggianti che aveva studiato durante l'esperienza in Africa. Le sue creazioni incontrarono l'immediato favore del pubblico e furono foriere di numerose commissioni che lo portarono, complice anche l'instabile situazione politica a Roma nel 1848, a viaggiare attraverso l'Europa, in Francia, Inghilterra, Svizzera e Spagna dove dipinse vedute della Sierra Nevada, di Granada e Siviglia. Frey divenne un punto di riferimento per numerosi artisti, specialmente di area germanica, che arrivavano a Roma e dal 1858 stabilì il nuovo studio nel prestigioso Hotel de Russie, all'imbocco di via del Babuino verso piazza del Popolo; in quegli anni continuò le sue sortite nella Campagna Romana insieme ad un accompagnatore d'eccezione, Ferdinand Gregorovius (1821-1891), storico e letterato tedesco che nei suoi scritti descrisse le passeggiate con l'amico pittore attraverso la Campagna.
Nel 1865, all'apice della carriera, Frey morì nella sua "vigna" di Frascati. La tomba, decorata con motivi ispirati alla tradizione egizia, è ubicata presso il cimitero acattolico di Testaccio a Roma.

L'olio su tela che presentiamo, splendido e spettacolare, è conosciuto nel mondo del collezionismo con l'idioma tedesco di "Ansicht von Tivoli" (Veduta di Tivoli), cm. 100x137, anteriore all'anno 1865, collezione privata. Una panoramica che va dai cunicoli gregoriani, con la grande cascata, fino alla strada per Quintiliolo dove la vegetazione e gli alberi in primo piano che fanno percepire la vastità del baratro scavato dall'Aniene nel corso dei millenni, con la notazione dei personaggi che tornano dalle fatiche dei campi e gli animali che aiutano questi ultimi nel duro lavoro. Cosicché paesaggio naturale ed umano si fondono in maniera sublime. Meraviglioso esempio della sua pittura brillante e colorata, che determinò sempre più il suo stile dopo il suo soggiorno in Egitto.
L'opera è stata battuta per ben 75.000,00 euro il 21 aprile 2016 nell'asta "Dipinti del XIX secolo", tenutasi a Vienna nel Palazzo Dorotheum, dall'omonima casa d'aste.

(ottobre 2021)

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