“La cascata grande a Tivoli” di autore anonimo A.C.

a cura di Roberto Borgia

Tra i dieci disegni custoditi in un taccuino di ampio formato elegantemente rilegato in pelle nera e marrone, decorato con fregi alla greca, ce n’è uno sulla nostra città “La cascata grande a Tivoli”, inchiostro bruno e acquerello su cartoncino azzurro su passe-partout, 29,0 x 20,5 cm., siglato in basso a sinistra a penna: AC; sul passe-partout in basso a destra la scritta a penna: Tivoli 167 A. Il disegno fa parte del Fondo Ashby, Disegni, n. 795, della Biblioteca Apostolica Vaticana. L’anonimo artista si firma con il solo monogramma: C.A. o A.C.; lo stesso che appare riportato a matita sul piatto interno della coperta del taccuino. L’anonimato è veramente deprecabile in quanto i fogli sono tutti di notevole interesse, sia per la qualità tecnica che per l’originale scelta dei luoghi.
Considerata la distanza topografica tra i siti raffigurati (Boppard nella valle del Reno, il lago di Como da Cadenabbia, Bergamo alta, Ariccia dalla via di Albano, il golfo di Baia con Pozzuoli in primo piano, Salerno, il porto di Ancona, un castello nel Tirolo, il lago Königssee in Austria) e la mancanza di più fogli nel taccuino viene da supporre che i disegni dovevano far parte di un più ampio nucleo di vedute relativo ad un “Viaggio in Italia”, con provenienza dalla Germania e dall’Austria. Fortunatamente è rimasta anche una veduta, in buono stato di conservazione, della nostra città.


Ingrandisce foto “La cascata grande a Tivoli”

Il panorama è uno dei più raffigurati, con la cascata grande e sulla sinistra la zona dell’Ospedaletto e della chiesa di Santa Maria del Ponte. La visuale è presa molto dal basso e resta evidente la mancanza di un ponte che doveva unire le due sponde che sovrastavano la grande cascata, vale a dire il ponte della Cascata o di S. Rocco, che era perciò situato proprio sull’abisso della grotta di Nettuno, chiamata anche la “bocca dell’Inferno”, ad un’altezza di oltre cinquanta metri. Il ponte era difeso da entrambe le sponde da torri. Ma non era finita qui; arrivati, diciamo così, nella città di Tivoli vera e propria, cioè a Via delle Mole, l’antica via dei Mulini, e dopo essersi inerpicati, si trovava un altro ponte, questo ligneo, che attraversava il canale Casacotta-Spada.

Si trattava del ponte di S. Maria, che correva parallelo a quello più recente di S. Martino, quest’ultimo costruito nel 1637 e difeso da una torre ancora intatta. La strada sboccava in via della Sibilla, stretta e fortificata, sulla destra una vera fortezza, il rione Castrovetere, chiuso da una solida porta. Tralasciando i periodi più antichi, ricordiamo che nel 1527 il ponte era levatoio e difeso da un cancello. Nel 1557 era in muratura, ma privo di parapetti, e nelle lotte tra milizie francesi e spagnole, caddero nel baratro parecchi cavalieri e fanti. Crollò nel 1597, ma fu presto rifatto, perché nel 1660 era di nuovo in muratura, nel 1665 crollato di nuovo fu ricostruito in legno. Intorno al 1665 fu riedificato in pietra e nel secolo successivo fu chiuso finalmente da un doppio alto parapetto, con ferrate ansate, documentato in disegni, olii su tela ed incisioni, come si vede, ad esempio, nella sanguigna del 1760 di Jean-Honoré Fragonard (1732-1806). Infine l’8 novembre 1808 questo bel ponte in muratura crollò definitivamente insieme con alcuni fabbricati della sponda sinistra dell’Aniene.

Mons. Giovanni Francesco Falzacappa (1767-1840), che poi sarebbe stato eletto cardinale nel 1823, allora Segretario della Congregazione del Buon Governo, venne a Tivoli e ordinò, di concerto con la civica amministrazione, la costruzione di un ponte provvisorio in legno eseguito, sotto la direzione dell’architetto Francesco Camporesi (1747-1831), dall’architetto Francesco Paccagnini (1780-1832) che lo garantì per cinque anni. Ebbe però vita più breve questo ponte di legno e che crollò l’8 aprile 1829. Rimase solo una passerella o “pedagna” costruita provvisoriamente sul ciglio del nuovo argine, solo per permettere il passaggio degli operai durante i lavori ordinati da Leone XII per mantenere il transito tra la via Tiburtina e la via Valeria. Tutto questo ci consente di datare l’attività di questo anonimo artista, o almeno questo disegno, ai primi anni del secolo XIX. Rimane da ricordare come in molte tele ed incisioni sulla sponda destra del fiume Aniene appaia invece l’effigie della Madonna ed il fatto può essere spiegato visto che da lontano poteva sembrare proprio una Madonna col bambino che invece era effigiata sull’altra parte del fiume, sulla riva sinistra, ed il fatto che S. Giacinto viene raffigurato (di solito come in questa edicola) con la statua del Bambino in braccio (tipico della sua iconografia) ed ecco allora che alcuni probabilmente leggevano in maniera superficiale l’icona stessa sul ciglio della cascata. L’edicola di S. Giacinto era stata innalzata a spese pubbliche nel 1593, sotto papa Clemente VIII ed è stata in loco fino al novembre 1834, quando, con i lavori del nuovo ponte di pietra sulla chiusa, fu ricoperta. Il miracolo a Tivoli di S. Giacinto è ricordato in una tela di anonimo del XVII secolo nella chiesa di S. Biagio, con il santo che offre alla protezione della Madonna la nostra città.

(giugno 2025)

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