Inchinata del 1725: la violenza stravolge il tradizionale evento religioso tiburtino

A volte la follia umana non si arresta neppure in momenti e situazioni altamente spirituali, anzi li sconvolge al punto da mettere seriamente in pericolo molte vite.
E’ ciò che capitò nel lontano 1725 la sera del 14 agosto in occasione della tradizionale Inchinata. La macchina processionale, recante il Trittico del SS.Salvatore, aveva già lasciato la Cattedrale di S.Lorenzo, in cui era ed è sempre custodita, per attraversare le vie tiburtine e raggiungere quella che attualmente è chiamata Piazza Trento (e che un tempo prendeva il nome omonimo dalla chiesa di S.Maria Maggiore qui situata). Qui avrebbe avuto luogo, sotto i tradizionali archi di mortella, l’inchino delle due sacre icone del SS.mo Salvatore e della Madonna delle Grazie (custodita nella predetta chiesa di S.Maria Maggiore e portata all’esterno per questa occasione).
Quell’anno però c’era nell’aria molto malumore: da tempo si registrava una discordia tra i canonici della Cattedrale e quelli della chiesa di S.Maria Maggiore (S.Francesco per i Tiburtini essendo retta dall’ordine del Poverello di Assisi).


Ingrandisce foto Madonna delle Grazie

Il motivo del dissapore era costituito dal fatto che i canonici francescani non avrebbero provveduto ad allestire dignitosamente il Coro, in cui dovevano trovare posto i confratelli del Duomo per assistere alla Messa cantata. Di qui la decisione, presa dai canonici della Basilica, di tornare al termine della processione “a casa propria” senza assistere alla Messa cantata celebrata nella chiesa di S.Maria Maggiore.

Costoro presero anche un’altra decisione (comunicata anche ai confratelli del Salvatore): approfittando dell’assenza del Vescovo di Tivoli, Mons. Antonio Fonseca, ed assicurandosi la complicità del Vicario Generale, si appoggiarono ad una banda di seguaci armandoli ed appostandoli nei dintorni di Piazza Santa Croce, dove doveva passare la processione. La cosa però venne risaputa dalla popolazione e dai canonici di S.Maria Maggiore. Semplici cittadini si armarono e si mescolarono ai confratelli della compagnia dei polverari con l’intento di inserirsi nelle prime file della processione e conseguentemente di far retrocedere i canonici della Cattedrale alle ultime posizioni. La tensione esplose in Via della Missione, nei pressi dell’incrocio con Via di Santa Maria Maggiore; le due fazioni si presero a pistolettate ed archibugiate in un pericoloso tumulto. La processione fu interrotta e la macchina processionale del SS.Salvatore riparò in fretta e furia nella vicina chiesa di San Biagio (Piazza del Plebiscito).


Inchinata

Il Padre Domenicano Superiore riuscì a calmare gli animi. Quanto accaduto venne alle orecchie del pontefice Benedetto XIII che ordinò che la processione interrotta fosse ripetuta la domenica mattina del 16 settembre di quello stesso anno e, per assicurarsi che tutto andasse bene, inviò anche una squadra di gendarmi.

Ma la cosa non filò del tutto liscia come risulta dalla cronaca redatta da un Padre Conventuale della chiesa di S.Maria Maggiore il quale fu testimone di quanto accadde. Costui riferisce che i Tiburtini attendevano con impazienza che il Vescovo Fonseca pubblicasse l’ordine di ripetere la processione come il Papa aveva stabilito.

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