Inchinata del 1825: cronaca della processione

Riportiamo di seguito la descrizione dell'Inchinata che si tenne nei giorni del 14 e 15 agosto del 1825 così come descritta dal Sebastiani in "Viaggio a Tivoli antichissima città latino-sabina fatto nel 1825".

"Innanzi di chiudere questa Lettera non posso rattenermi che non vi aggiunga la descrizione di una sagra cerimonia chiamata volgarmente la Inchinata che si celebrò solennemente la sera del 14 e si ripetè la mattina del giorno appresso. La processione è composta dai collegj degli Artieri, dal Clero, dai Magistrati, e da nobili cittadini riuniti in fratellanza sotto il titolo del Salvatore. Sopra gli ultimi tre corpi, non v'ha che ridire, anzi al contrario, da commendare. Ma, lo sconcio, ed il ridicolo si trova in gran dose in alcuni degli anzidetti collegj, o congreghe, composte di sarti, calzolaj, legnajuoli, ferraj, muratori, beccaj, ortolani, bifolchi, mulattieri, ed asinaj, persone per la maggior parte di bassa gente, e rozza, e perciò ben lontane ad adoperare quella gravità, e convenevolezza, che si richiede in una funzione religiosa.
Inoltre ad eccezione degli individui di tre o quattro degli accennati collegj, i quali indossano un sacco uniforme, gli altri vestono di abito nero tondo con ferajuoletto, qual si costumava dalla gente di Curia nel secolo passato. Figurati mo', qual strana, e ridicola comparsa si facciano costoro con tal razza di abiti per lo più di stoffa, e foggia antichissima, accattati quà, e là, e perciò non confacenti punto alla propria statura, con ceffi incotti dal sole, con le zazzere torte in ricciuoloni, armati di quatruplo torchio!
Più strana poi, perché ad abiti di tal fatta annestano, o brache di diversa roba, e colore diverso, o grossi fibioni di argento da carrajo, sì nei cintigli, che ne' piedi, e tante altre stravaganze, dettate o dal genio o dalla necessità per non aver di meglio.


Ingrandisce foto Inchinata

Li collegj si distinguono da una statua di legno di un Santo loro proprio portata in ispalla da un individuo del corpo. Mi vien detto, che più in antico in iscambio di tali statue si facesse uso di Portatorj chiamati talami adornati di fiori, e di verdura con sopravi disposti degli oggetti pertinenti al respettivo mestiere .
La processione si ordinò nella Cattedrale: aprivano la marcia due serventi della confraternita de' Nobili, portanti in ispalla grossi candelabri di legno. Un vecchio legato di un cittadino rese obbligatorio questo uso: venivano quindi gli Artieri con quell ordine di precedenza che gode ciascun corpo. I Tivolesi sono soverchiamente gelosi di questi privilegj; appresso incedevano li Nobili con sacco bianco, stretto da cingolo di seta cilestre; con rocchettino dello stesso colore, e materia, ove risplendeva a ricamo di oro lo stemma della fratellanza. La stessa ricchezza de' ricami pompeggiava nelle insegne.
Seguiva il Gonfalone del Capitolo; appresso a quello si difilavano a coppia i membri del Seminario, li Chierici beneficiati, li Canonici, e le Dignità della Cattedrale, cui teneva dietro la machina del Salvatore scortata dai Capi della confraternita, dal Vescovo, e dai Magistrati del Comune.

È inesprimibile lo effetto pittoresco di questo gruppo! Né io m'intratterrò a descriverti la foggia del vestire delli Magistrati, essendo pressappoco consimile agli altri dello stato della Chiesa; dirò solo, che il Capo del Senato ha il privilegio dello stolone d'oro in iscambio della sciarpa, ha il diritto del Baldacchino, e della Mazza, distinzioni non comuni. Una mano di truppa chiudeva la marcia, che il devoto popolo prolungava ancora per buon tratto di via.
Mentre la processione traversa la città, una folla di persone di amendue li sessi accorrono a prender posto sul piazzale di San Francesco.
Io tenni lor dietro, e ben presto mi ritrovai in questo luogo. Due archi posticci ornati di verdura si erano inalzati nel mezzo dell'area, a poca distanza l'uno dall'altro, e la facciata della chiesa veniva disposta di una luminaria di faci messe alla rinfusa, e senza ordine.
Una musica militare di tratto in tratto divertiva il popolo, ed io vi gustai la sinfonia del Tancredi del nostro Rossini.


I falegnami ed il loro Santo

La processione, che aveva già trascorse le vie più popolate della città giungeva nella piazza, ed i collegj delle arti si andavano schierando in doppia ala lungo i due archi. Per non perder nulla di una funzione per me affatto nuova, io mi avvicinai alla fila presso uno di quegli abati, il quale cortesemente mi tenne vicino a se. Quando era presso a giungere la machina del Salvatore, vidi uscire dalla chiesa altra processione di frati Francescani con la machina della Madonna, che veniva ad inchinare il Salvatore.
Le due immagini si avvanzavano con marcia lenta, ed uniforme ciascuna verso il suo arco. Giuntevi, il suono delle campane, e lo sparo lunghissimo di mortari eseguito alternativamente in due punti opposti danno il segnale della inchinata: allora li portatori delle due machine, l'una di fronte all'altra, fanno un triplice inchino, quindi la machina della Vergine deviando dall'arco va a porsi dietro quella del Salvatore; e con quest'ordine il treno entra nella Chiesa.

È impossibile osservare senza un interna commozione ciò, che questa cerimonia produce nella moltitudine; innalzano grida divote, si battono il petto con compunzione, sollevano gli occhi tutti molli di pianto alle due immagini, le seguono collo sguardo con entusiasmo incredibile, nè le lasciano fino a che entrambe non siano loro scomparse.
I Tivolesi incominciarono a pratticare questa processione sull'esempio di una simile, che cominciò in Roma sul finire del settimo Secolo, istituita dal Pontefice Sergio I, la quale si ordinava dopo la mezza notte nell'oratorio di S.Lorenzo in Laterano detto di Sancta Sanctorum, e trascorrendo una parte di Roma, giungeva sul far del giorno alla Basilica Liberiana.

Alla dimane si replicò la stessa cerimonia, e nella giornata si godè lo spettacolo di piccole processioni composte da ognuno de' collegj separatamente, che vanno a depositare il loro Santo in casa del nuovo capo di ciascun corpo."

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