La Festa di S.Eustachio e la Festa dell'Ospitalità

A Poli il 20 settembre si svolge la festa patronale di Sant'Eustachio, con rappresentazione in dialetto, della conversione del Santo. Tutta Poli è in festa ed organizza nel pomeriggio della prima domenica successiva al 20 settembre la "Festa dell'ospitalità": ogni rione fa a gara per offrire ai visitatori ogni genere di cibo: dai primi piatti tipici della cucina locale ai fagioli, ai vari tipi di secondo e di contorno, polenta, formaggi, porchetta, dolci e naturalmente vino a gogò.
Frastornati da questo ben di Dio, i visitatori vagano da un portone all'altro, da una cantina all'altra, da uno slargo ad un altro in cerca di gustare le prelibatezze loro offerte dai generosi abitanti di Poli.
In questo peregrinare nel paese non si lamentano se mangiano un primo e poi il dolce, quindi un secondo e di nuovo un primo e così via. Non si può chiedere troppo. Si gusta quello che viene offerto anche se è una ripetizione di ciò che già si è mangiato; si possono fare almeno i paragoni tra chi ha cucinato meglio la pietanza!
Per tutti la parola d'ordine è mangiare e fare onore alle tavole. Spettacoli tradizionali con canti e balli allietano la serata.


Ingrandisce foto Chiesa di S.Pietro - campanile

Ma chi era Sant'Eustachio?
Visse a Roma sotto Adriano; fin quando fu pagano si chiamava Placido. Un giorno, mentre cacciando inseguiva un cervo, vide tra le corna dell'animale una croce luminosa e sopra di lui la figura di Cristo che gli domandò: «Placido perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere». (L'episodio dell'apparizione del cervo con la croce luminosa e l'immagine di Gesù fra le corna sarebbe avvenuto sul Monte Guadagnolo, dove venne eretta una cappella dedicata a Sant'Eustachio).
Placido, spaventato, rientrando a casa, raccontò alla moglie l'accaduto. La donna gli riferì di aver avuto quella notte una visione in cui uno sconosciuto le preannunciava che l'indomani ella si sarebbe recata da lui in compagnia del marito.

Placido con la sua famiglia (moglie e due figli) andò l'indomani dal vescovo; i quattro si fecero battezzare e assunsero nuovi nomi. Placido ricevette il nome di Eustachio (dal greco Eustáchios, "che dà buone spighe"); la moglie quello di Teopista (dal greco théos e pístos, "credente in Dio"); i figli, uno Teopisto e l'altro Agapio (dal greco Agápios, "colui che vive di carità"). Poi l'uomo lasciò l'esercito romano presso cui militava. Si dice che in seguito la sua vita fu molto travagliata: avrebbe perso prima tutti gli averi, poi la moglie ed infine i figli. Non incolpò Dio per avergli inviato simili sventure e per questo fu premiato: dopo numerosi anni di separazione, la famiglia miracolosamente si riunì.


Ingrandisce foto Festa dell'ospitalità

Traiano poi lo richiamò sotto le armi; riprese servizio come generale e combatté eroicamente contro i barbari.
Tornò a Roma per ricevere il trionfo ma Adriano, saputo che era cristiano, lo fece fece arrestare e condannare a morte insieme alla sua famiglia. Torturati, i quattro furono risparmiati misteriosamente dalla fiere del Colosseo; infine morirono arroventati essendo stati rinchiusi nel Toro di Falaride (un bue di bronzo), uno strumento di tortura progettato nell' antica Grecia. Secondo lo storico Henri Delaye invece Eustachio non sarebbe mai esistito; l'autore della prima stesura in lingua greca della Leggenda Aurea avrebbe attinto a leggende popolari del tempo e la vicenda famigliare ricalcherebbe un storia leggendaria indina (Indi è una città dell'India). Il Delaye cita, a riprova della sua ipotesi, l'assenza di menzioni sul santo fino al V secolo e il fatto che né il Deposito Martyrum né il Martirologio Gerominiano parlano di questo Eustachio.

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