La Dama degli zaffiri

Di seguito in sintesi sono riportate le informazioni fornite dai relatori nell'incontro di Studio “La dama degli zaffiri ed altri ori” tenutosi il 6 dicembre 2014 presso il Museo Archeologico di Palestrina a cui era presente anche la redazione di Tibursuperbum. Nel territorio quintanese di Colonna è stato riportato alla luce un recinto, situato appena fuori l'abitato di epoca imperiale, parallelo alla Via Labicana e comprendente: una camera funeraria ipogea attorniata da tre sepolture infantili. Nel predetto ipogeo (classificato come tomba n° 11)è stato trovato un sarcofago di marmo bianco di Proconneso. Il marmor proconnesium era una varietà tra le più utilizzate nell'impero romano in quanto molto accessibile per il suo basso costo (come attesta l'Editto dei prezzi di Diocleziano). Le sue cave si trovavano nell'isola del Proconneso nel mar di Marmara; fu utilizzato localmente già in epoca greca e cominciò ad esssere esportato dalla seconda metà del I sec d.C.


La collana

Le cave erano di proprietà imperiale e producevano in serie elementi architettonici, vasche e sculture decorative, e sarcofagi semilavorati(venivano sbozzati secondo le indicazioni dei committenti, per essere poi completati al loro arrivo). Nel caso della tomba 11 il sarcofago restò semilavorato essendo destinato a non essere visibile in quanto interrato. La copertura rotta del sarcofago ha causato l'infiltrazione di acqua e terra all'interno il che però ha permesso di conservare frammenti di tessuto di lino e di seta di quello che un tempo era un manto (di colore blu/azzurro forse a motivi floreali) con una fascia ricamata in oro di 5 cm.
All'interno del sarcofago sono state inoltre rinvenuti: una deposizione femminile, un anello d'argento e un gioiello estremamente unico in oro e zaffiri. Poichè quest'ultimo misura solo cm 29 è stata scartata l'ipotesi che si tratti di una collana (anche perchè non c'è traccia del consueto gancio di chiusura ed inoltre ci vorrebbe un collo piccolissimo) ma di un diadema da indossare sulla fronte collegato alle due estremità con la retina che copriva lo chignon secondo la moda del tempo.

Il gioiello un unicum cronologicamente si data nel II- III sec d.C.


La collana

La maglia aurea della catena è a 25 elementi crescenti verso il centro a doppio nodo erculeo. Splendidi i sette zaffiri (in toto 50 carati)incastonati a intervalli regolari (uno centrale e gli altri disposti lateralemente ogni due maglie vuote (munite di clips che forse dovevano custodire ognuna una perla o un elemento in avorio o in osso (forse attaccati dall'acidità dell'ambiente e quindi dissoltisi). Lo zaffiro centrale di 16 carati ha un foro passante ed è di forma globulare; due sono invece sferici sempre con foro passante (il n°1 e il n° 7); gli altri sono a taglio cabochon (i numeri 2-3-5-6).

Secondo l'Istituto gemmatologico Nazionale gli zaffiri 1, 2, 4, 7 (origine basaltica)proverrebbero dalla Tailandia e/o Cambogia mentre i 3, 5,6 (origine non basaltica) dallo Sri Lanka e/o dalla Birmania.

E' stato appurato dall'antropologa M.Cristina Martinez dell'Università di Tor Vergata e da un'ampia equipe di docenti in vari campi grazie ad un'indagine antropologica sulle ossa (ritrovate immerse in una mescolanza di melma e acqua), dopo esssere state ripulite e studiate, che si tratta di una donna ca. 42 anni, alta cm 1,58, dalla dentatura sana (nessuna carie ma solo un po' di tartaro), nubile (non c'è traccia di parto), non una lavoratrice manuale ma una camminatrice (come attestano i piedi). La deformazione del femore destro dimostra che soffriva del morbo di Paget, una malattia metabolica ed era celiaca. Non era nativa di Colonna poiché lo smalto del suo molare (che si forma verso i 12/13 anni) comparato con le dentature umane e animali trovate nella stessa zona, attesta che la donna aveva bevuto acqua diversa dagli autoctoni. Le tracce del predetto tessuto in seta e lino, l'alto bordo dorato fanno pensare a una orientale che si inserì molto bene tra gli aristocratici romani del tempo.

Il gioello, insieme ad altri, è esposto in una vetrina della sala mostre del Museo Archeologico di Palestrina, destinata all'esposizione permanente di gioielli e oggetti di ornamento di età imperiale.

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