Pallante: non l'eroe virgiliano ma un liberto romano

Non è un caso se la caratteristica di molti paesi è la condivisione di uno stesso cognome: Meucci, Giubilei a San Polo dei Cavalieri; Iannilli a S.Gregorio da Sassola; Bernardini a Pisoniano; Mariani a Casape ecc. A proposito di quest'ultimo paese un cognome diffusissimo (anche a Poli) è Pallante. Diciamo subito però che non si tratta dell'eroe di cui si parla nell'Eneide, il poema scritto da Virgilio non solo per emulare i poemi omerici ma soprattutto per esaltare la gens Giulia e la nascita di Roma facendole risalire nientemeno che a Enea, figlio della dea Venere e del mortale Anchise.


Ingrandisce foto Centro storico di Casape

In fuga dalla distrutta Troia col vecchio padre, il figlio Ascanio o Julo e pochi uomini, dopo varie peregrinazioni, Enea sarebbe sbarcato nel Lazio. Qui Evandro lo avrebbe non solo ospitato ma gli avrebbe messo a disposizione suo figlio Pallante, posto al comando di un gruppo di armati, per aiutarlo a combattere Turno, re dei Rutuli. Quest'ultimo però avrebbe ucciso lo sfortunato giovane, rimanendo a sua volta ucciso per mano di Enea che avrebbe così vendicato la prematura scomparsa di Pallante. Enea avrebbe poi sposato Lavinia, figlia del re Latino, fondando Lavinio mentre suo figlio Ascanio o Julo avrebbe fondato Alba Longa e quindi avrebbe dato il via alla progenie di Romolo e Remo.

Il cognome Pallante, tanto diffuso in loco come predetto, risalirebbe a Marco Antonio Pallante che visse realmente al tempo della dinastia Giulio-Claudia, esperimentando la munificenza di Claudio e la crudeltà di Nerone. Di Marco Antonio Pallante parla Tacito negli "Annali". Lo ricordiamo quando all'inizio era schiavo di Antonia Minore, nata dal matrimonio di Ottavia, sorella di Ottaviano, con Marco Antonio. Il matrimonio ( che durò poco anche per via di Cleopatra) era stato voluto per rafforzare l'alleanza politica tra i due uomini che con Lepido avevano formato il II triumvirato. La sorte dello schiavo cambiò radicalmente quando, ucciso in seguito ad una congiura di palazzo, il pazzo imperatore Caligola, succeduto a Tiberio, salì al trono il buon Claudio che lo affrancò dalla schiavitù (la politica del sovrano fu quella di affrancare molti schiavi per assicurarsene la fedeltà ponendoli in posti chiave).

Il Palazzo baronale di Casape
Ingrandisce foto Sottopasso al Palazzo Baronale

Divenne così liberto e personaggio di grande spicco essendo stato posto a controllare il fisco. Ricco, potente, intrecciò una relazione persino con Agrippina Minore, figlia di Agrippina Maggiore e di Germanico. Costei che aveva sposato nel 28 d. C. Domizio Enobardo (da cui ebbe Lucio Domizio, il futuro Nerone), si era poi unita in matrimonio con Passieno Crispo ed infine (grazie alla buona parola del nostro liberto) con lo zio Claudio. L'intrigante donna preparò quindi la sua scalata al trono: fece sposare Nerone con Ottavia (figlia di Claudio e di Messalina), avvelenò Britannico (il maschio che Claudio aveva avuto sempre dalla precedente moglie Messalina), quindi tolse di mezzo il sovrano.

Marco Antonio Pallante non serviva più; cadde in disgrazia sotto il regno di Nerone che lo fece imprigionare ed avvelenare nel 62 d.C. per prenderne le ricchezze. Tra le altre vittime di Nerone ricordiamo la moglie Ottavia (per sposare Poppea), la madre Agrippina (gli dava ombra), il filosofo Seneca, la stessa Poppea (uccisa personalmente con un calcio nel ventre), la prima persecuzione contro i cristiani incolpati di aver incendiato Roma (in realtà insulae e domus furono incendiate per ordine di Nerone desideroso di costruire sul colle Oppio la splendida Domus Aurea). Pallante, come Plinio il Giovane riporta nell'Epis. VII, 29, 2, fu sepolto nei pressi dell'antica Tibur (la superba Tivoli, come la definì Virgilio nell'Eneide).

 

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